Con Soap Opera Alessandro Genovesi firma una commedia originale nello sviluppo che dimostra le possibilità di guarigione di certo cinema italiano dalla cronica assenza di idee. Il taglio è teatrale, lo sviluppo narrativo pure. Un piccolo caseggiato a Roma dove abitano in affitto alcune persone con problemi ed esigenze diverse. Il padrone di casa, un benestante che vive assieme al fratello gemello paralizzato dopo incidente da lui involontariamente provocato, è avaro e pieno di piccole manie.
C’è uno scapolo che cerca consolazione con qualsiasi ragazza dopo essere stato lasciato dalla fidanzata per i suoi continui tradimenti, attrice in una soap opera di successo che ama accompagnarsi con uomini in uniforme, un giovane molto depresso che ha la fidanzata a Parigi. Siamo a vicini a Capodanno, fuori c’è la neve e dentro la casa si sviluppano i problemi dei singoli che possono sfociare in dramma. L’amico del cuore dello scapolo, in procinto di divenire padre, gli piomba in caso interrompendo una liaison d’amour con una ragazza appena conosciuta e confessandogli che lo ha sempre amato. Lei si nasconde sotto il letto, e fuori esplode un colpo di pistola: si è suicidato l’uomo disperato per non avere vicino la ragazza del cuore. Da questo momento il film si sviluppa come soap opera con personaggi che vivono melodrammaticamente la loro realtà. A loro si aggiunge un maresciallo dei Carabinieri che indaga sulla morte e che finisce nel letto dell’attrice e la fidanzata del suicida che viene consolata dallo scapolo. Soap Opera ha un dialogo molto curato ed una sceneggiatura bene scritta che attori affiatati rendono in maniera spontanea. Non esiste l’improvvisazione ma il ritmo finale premia la scelta del regista e sceneggiatore che ha fatto provare le scene molte volte agli attori, come accade in teatro dove i meccanismi devono essere bene oliati ed in cui non è possibile rifare una scena mal riuscita. L’autore firma la sua prima vera opera personale, nelle sue due precedenti - La peggior settimana della mia vita (2011) e Il peggior Natale della mia vita (2012) - aveva confezionato prodotti standardizzati che assomigliavano più a commedie all’italiana che non a film d’autore. Meglio aveva fatto con Happy Family (2010) di Gabriele Salvatores di cui aveva steso il soggetto. Qui dimostra un’ottima mano, idee semplici e chiare che gli permettono di giocare coi temi ed i ritmi della soap opera senza mai cadere nel ridicolo. Fabio De Luigi, Diego Abatantuono e Cristiana Capotondi sono sempre stati tra gli interpreti dei suoi film e dimostrano di capirlo al volo. Ale e Franz giocano un ruolo indispensabile per il buon risultato finale con due personaggi che vivono di luce propria, che si muovono staccati dagli altri e dialogano con l’uso del nonsense tipico della loro comicità. Breve, gradevole, da vedere senza che venga offesa la propria intelligenza.
