La bambina che salvava i libri è il titolo di un libro dell’australiano Markus Zusak, scritto nel 2005. Il regista inglese Brian Percival ha tratto da quest’opera il film Storia di una ladra di libri (The Book Thief). In entrambi i casi si narra la storia di un’analfabeta, orfana di padre, data in adozione e una famiglia povera tedesca che la accoglie guardando soprattutto al sussidio statale che accompagna quest’operazione.
Libro e film seguono la maturazione di questa ragazza negli anni della seconda guerra mondiale, dal 1938 al 1945 anno della sconfitta nazista. La protagonista impara progressivamente a leggere e a scrivere e, dopo questa terribile esperienza, diventerà, negli Stati Uniti, un’apprezzata scrittrice e moglie del dell’ebreo nascosto per mesi nella cantina dei genitori adottivi e che lei aveva amorevolmente accudito. Entrambi i materiali ruotano attorno ad un’idea che piace molto alla Germania di oggi: i criminali e massacratori di israeliti non furono i comuni cittadini, quanto gli uomini in divisa e quelli aderenti al partito nazista. Gli altri, la maggior parte della gente, rimasero neutrali o, nei casi migliori, collaborarono al salvataggio dei perseguitati. Una prospettiva troppo generosa nei confronti del popolo tedesco che, come dimostrano le analisi storiche, aderì in massa e in maggioranza al nazionalsocialismo. Libro e film hanno un andamento lineare, parzialmente guastato, nel testo cinematografico, dall’uso di una voce fuori campo che consente al regista di saltare non pochi snodi narrativi. Ne nasce un film corretto sia nelle immagini sia nello sviluppo della storia, un ottimo prodotto professionalmente parlando, ma gelido e privo di qualsiasi vera originalità.
