Quella francese è davvero una grande cinematografia, al momento attuale sicuramente la maggiore d’Europa. Lo dimostrano opere come Molière in bicicletta di Philippe Le Guay, un regista che si destreggia con abilità fra i lavori televisivi e quelli indirizzati al grande schermo. Sono spesso opere lievi, le cui trame possono essere contenute in poche righe, ma che contano per l’abilità del tono e l’acume dei dialoghi.
La storia che si sviluppa in quest’ultimo film, campione d’incassi in patria, è molto semplice. Un attore, reso famoso dalla serie televisiva in cui compare, cerca una sorta di nobilitazione producendo un’edizione del Misantropo (Le Misanthrope ou l'Atrabilaire amoureux, 1667) di Jean-Baptiste Poquelin detto Molière (1622 – 1673), Per farlo cerca di coinvolgere nell’operazione un famoso interprete teatrale che da anni ha abbandonato la scena e si è rifugiato in una vecchia casa vicino alla cittadina atlantica de La Rochelle, a poco meno di cinquecento chilometri da Parigi. Ne nasce un duetto frizzante in cui spumeggiano molte parti del testo seicentesco di cui i due danno interpretazioni diverse, se non opposte. E’ il classico film per attori in cui interpreti consumati hanno modo di mostrare tutta la loro abilità. In questo caso sono di scena, è il caso di usare questo temine, Fabrice Luchini e Lambert Wilson, ai quali tiene abilmente testa la nostra Maya Sansa. In altre parole è una proposta lieve e intelligente basata sul lavoro di seri professionisti capaci di coniugare la fantasia narrativa con spunti di riflessione non banale sull’arte e sul lavoro creativo.