Pacific Rim (termine con cui si indicano i paesi che si affacciano sull'Oceano Pacifico) ha una decina di minuti con scene di preparazione del racconto, introduttive o d’atmosfera ottimamente realizzate da Guillermo Del Toro: le restanti due ore sono quasi esclusivamente combattimenti, esplosioni, distruzioni, nelle quali si vedono chiaramente riferimenti televisivi anche nel tipo di riprese. L’idea iniziale non è stata del regista; la direzione di questo giocattolo ipertecnologico non era per lui una prima scelta.
Il progetto del film è nato da una sceneggiatura di Travis Beacham acquistata dalla Legendary Pictures. L’autore messicano si è interessato al progetto in seguito alle difficoltà avute in altre produzioni cui stava lavorando, come la regia del film Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato (The Hobbit: An Unexpected Journey, 2012) affidata all’ultimo momento al neozelandese Peter Jackson o l'adattamento del romanzo horror Alle montagne della follia (At the Mountains of Madness, 1931) di Howard Phillips Lovecraft (1890 – 1937) che i produttori volevano trasformare in storia d’amore. Il regista e attore torna alla regia a cinque anni da Hellboy: The Golden Army (2008) con una classica storia di fantascienza che vuole rendere omaggio la cultura nipponica del settore con una sceneggiatura scritta a quattro mani assieme a Travis Beacham di Scontro tra titani (Clash of the Titans, 2010). Classico nello sviluppo ma anche troppo fracassone, offre una miriade di effetti speciali e pochissime emozioni. La terra è messa in ginocchio da alieni che provengono dal centro del pianeta e i cui antenati erano i dinosauri. Tutti i popoli si uniscono per costruire enormi robot guidati da due piloti, due fratelli statunitensi che sono i più bravi. Durante una battaglia uno si sacrifica per evitare un massacro di civili, per l’altro inizia una vita da barbone fino a quando non è richiamato in servizio. Piloterà con una bella ragazza e, forse, l’amore nascerà. Con buona probabilità piacerà agli appassionati del fumetto e dell’animazione giapponese di cui, peraltro, il regista è conoscitore e grande estimatore. Forse proprio per questo eccessivo amore non è riuscito ad avere il giusto distacco da quello che avrebbe voluto raccontare. Sembra di essere in un videogioco dove i piloti che guidano questi bestioni di novanta metri di altezza hanno il passo dei fondisti di sci e scafandri da palombari un po’ imbranati. Il film è stato presentato in contemporanea mondiale non per l’importanza della proposta bensì per evitare che giudizi poco lusinghieri possano ridurre gli incassi. Il primo ciak è stato battuto nel novembre del 2011 e la prima edizione era pronta prima dell’estate del 2012, poi il girato ha avuto un nuovo montaggio perché non soddisfaceva la produzione. Il budget ha superato i centottanta milioni di dollari.