Paulette è una commedia classica in cui la storia raccontata non è esattamente convenzionale. Ex pasticcera, vedova, vive ai limiti della povertà e quando le sequestrano il mobilio, decide di reagire. Spia piccoli trafficanti di droga, si mette in contatto con loro restituendo un pacchetto di cannabis gettato tra la spazzatura per evitare la Polizia, inizia a spacciare con grande successo e per questo è pestata da suoi giovani colleghi che hanno perso i clienti.
Decide di riprendere a fare la pasticcera mescolando la droga nei dolci e coinvolgendo anziane amiche nel commercio. Il piacere rivedere attrici del livello di Bernadette Lafont, Dominique Lavanant e Carmen Maura è mitigato dal dispiacere di dovere subire una sceneggiatura non sempre valida. Per il gusto di raccontare una storia con un lieto fine un po’ amorale, Jérôme Enrico dà per scontate troppe cose, creando a tratti scompensi narrativi difficili da accettare. Si vedano il poliziotto che non si accorge dell’attività di Paulette pur frequentando regolarmente casa sua, la figlia che gli lascia il nipote da custodire e non nota odori strani o il cambiamento di abitudini della madre, i vestiti da boutique accompagnati da un trucco ricercato cui si aggiungono vacanze in hotel a cinque stelle. Consideriamole, tuttavia, licenze accettabili poiché il film, tutto sommato, non vuole trasmettere nessun messaggio e si presenta come opera di semplice intrattenimento. L’inizio è veramente ben girato e fa sperare in uno sviluppo più ricercato. Mentre scorrono i titoli, sono proposte immagini truccate da Super8, tremolanti e imperfette, che raccontano la vita della protagonista, dal matrimonio al primo impiego come pasticcera, i premi vinti, l’apertura di un negozio proprio, la trasformazione in elegante caffetteria. Un montaggio scattante, belle ambientazioni e attenzione a ogni cosa, compresi i minimi particolari dell’arredamento, il tutto per otto scene differenti che occupano meno di due minuti. Le prime immagini dei giorni nostri vedono la brava Bernadette Lafont cercare negli scarti di un mercato qualcosa di commestibile e il suo disagio mentre passa davanti al suo ex negozio ora triste ristorante cinese. Poi, come dicevamo uno sviluppo convenzionale anche se mai completamente tale.