Bachir Lazhar, è arrivato a Montréal dall'Algeria sfuggendo agli attentati dei fondamentalisti mussulmani che hanno dato fuoco alla casa in cui viveva causando la morte di sua moglie e dei due figli. Nella capitale africana gestiva un ristorante e ad essere nel mirino dei fondamentalisti era sua moglie, un’insegnate non supina al volere degli estremisti religiosi. Per ottenere più facilmente lo statuto di rifugiato politico si appropria della biografia della donna e si presenta in una scuola elementare che cerca un sostituto ad una maestra che si è suicidata da pochi giorni.
Inizia in questo modo un rapporto difficile, ma proficuo con i piccoli canadesi che, in un primo tempo, non sono affatto contenti dei metodi che usa. Per il dettato, ad esempio, usa un brano tratto da La pelle di zigrino (La peau de chagrin, 1831) di Honoré de Balzac (1799 – 1850). Con il passare dei giorni fra il docente e i i giovani si stabilisce un legame vero, alimentato dall’umanità e la sensibilità dell’insegnante. Tutto sarà inutile perché la verità sulla sua condizione professionale verrà a galla e la preside, seppur a malavoglia, dovrà metterlo alla porta. E’ un film piano, che sfugge ogni sentimentalismo, ma registra con intelligenza la nascita e lo sviluppo di un rapporto che, prima di ogni altra cosa, è il segno tangibile dell’incontro fra due civiltà. Un film lieve, ove anche i momenti più drammatici – il suicidio della maestra, gli scontri fra i giovani – non salgono di tono, ma rimangono su un registro di onestà e rispetto. Un film molto alla vecchia maniera ma anche una boccata d’ossigeno in mezzo a tanto cinema roboante e fasullo.