Il razzismo è una brutta storia è una campagna nazionale promossa da Arci e Feltrinelli che ha trovato in Ascanio Celestini un partner deccezione. Lo spettacolo realizzato dallattore e drammaturgo romano a sostegno di essa attinge dal repertorio di interventi televisivi passati, in cui Celetini ha narrato vicende di discriminazione sociale e di abiezione socio-culturale, nonché politica. Attraverso i suoi racconti, Celestini intende denunciare il degrado culturale in cui sta sprofondando il nostro paese. In tournée fino alla fine di novembre, Il razzismo è una brutta storia Racconti ha fatto tappa a Genova al Teatro dellArchivolto, dove Celestini ha portato a termine una propria rassegna personale, iniziata lo scorso anno, proponendo, oltre alla nuova realizzazione, anche due passati lavori di successo (La Pecora Nera e Appunti per un film sulla lotta di classe) e il documentario Parole Sante.
Le brutte storie razziste che racconta Ascanio Celestini sono lo specchio di una società degradata e troppo distratta dai vantaggi garantiti dal benessere dilagante per occuparsi della miseria e della guerra che devastano paesi meno agiati, come quelli africani: nel monologo iniziale, lattore chiarisce, appunto, la propria posizione a riguardo, individuando nellindifferenza uno dei fattori che sottendono alla problematica della discriminazione razziale. Lo spettacolo esplora poi altri nodi tematici, tra cui, ovviamente, lodio razziale, documentato dalle testimonianze audio, che intercalano la messinscena e che propongono alcuni violenti interventi di esponenti della Lega Nord sul tema dellaccoglienza agli extracomunitari. I racconti narrati sono frutto di un lavoro di ricerca, caratteristico delle realizzazioni di Celestini, e sono volti a descrivere al meglio questa forma di disprezzo: queste storie, tanto comuni, quanto assurde, attingono dalla quotidianità e forniscono un quadro tuttaltro che lieto di una società, in cui che è sufficiente frequentare un locale o un mezzo pubblico per assistere a episodi di intolleranza nei confronti degli emigranti. Altro tema affrontato è il nonsense che alberga dietro allidea di diversità, qui illustrato attraverso la storia di un piccolo paese in cui lunica materia insegnata nelle scuole è la fila indiana, perché mettersi in cerchio significa essere uguali. La metafora della fila indiana prosegue con una tirata sul livellamento socio-culturale che rende gli uomini moderni numeri o, meglio, cose, ma: Una cosa utile, eh? Mica una che non serve a niente sottolinea ironicamente Celestini. Laspetto grottesco che si nasconde dietro al degrado culturale viene invece rappresentato in uno sketch in cui lattore veste i panni delluomo medio e, con bombetta nera e grossi occhiali rossi, celebra la cultura fascista del Novecento e il Cous cous Klan, dichiara che lOtello di Shakespeare è un dramma razzista e conclude, asserendo che questo dimostra come il razzismo possa anche essere alta cultura. In chiusura, Celestini biasima anche latteggiamento dindifferenza proprio di chi non condanna lorrore degli attentati o delle congiure politiche, celandosi dietro a paradossali scusanti quali la fedeltà assoluta nella legge di gravità. Quella di Ascanio Celestini è unesposizione disillusa dei fatti, condotta attraverso racconti bizzarri, che però offrono una visione lucidissima della realtà in cui viviamo e della decadenza che la contraddistingue, che inducono lattore a concludere sarcasticamente il monologo con la constatazione: Bella la realtà. Peccato che esista davvero.
La narrazione procede con il ritmo serrato e la ripetitività ossessiva che contraddistinguono la recitazione dellaffabulatore. I virtuosismi linguistici, che si giovano qui anche dellaccompagnamento musicale di Matteo DAgostino, tengono alta lattenzione dello spettatore, imprimendo forza drammaturgica alla messinscena.
valutazione: 1 2 3 4 5
Testi, regia e interpretazione: Ascanio Celestini Musiche: Matteo DAgostino Suono: Andrea Pesce
http://www.ascaniocelestini.it/
http://www.razzismobruttastoria.net/
http://www.archivolto.it/