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Aspettando Godot ···· Aspettando Godot ···· Hot

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Aspettando Godot
Aspettando Godot

 

Aspettando Godot (En Attendant Godot, Waiting for Godot) è il testo teatrale più conosciuto dello scrittore, drammaturgo e poeta irlandese Samuel Barclay Beckett (1906 – 1989). Scritto fra l'ottobre 1948 e il gennaio 1949, fu pubblicato nel 1952 ed ebbe la prima rappresentazione l’anno seguente al Theatre de Babylone a Parigi. Da quel momento divenne una sorta di manifesto di ciò che il critico Martin Esslin definì teatro dell’assurdo. Un genere che coinvolse autori come Jean Tardieu, Eugène Ionesco, Arthur Adamov e che muoveva dall’idea di mettere in scena il non senso dell’esistenza umana. Il testo di Samuel Beckett ha per protagonisti due barboni, Vladimiro ed Estragone, che stanno aspettando, in una landa desolata, un certo Signor Godot che non arriverà mai, ma invierà un messaggero per annunciare che (forse) verrà domani.

Sulla scena c’è solo un albero rinsecchito che, nel secondo tempo, mette alcune foglie indicando uno scorrere del tempo ben più ampio di quello annunciato a parole: due giorni susseguenti. Il dialogo allinea battute strampalate sulcibo e durezza della vita. A un certo punto compaiono Pozzo e Lucky che attraversano la scena, - nel secondo tempo uno è diventato cieco, l’altro sorso - legati da una corda con cui il primo trattiene e guida, quasi fosse un animale, il secondo. E’ una metafora del rapporto servo – padrone o, se si preferisce, capitalista – proletario; due entità che si odiano, temono e sono, tuttavia, indissolubilmente legate. Per quanto riguarda il tanto atteso Godot, le interpretazioni sono state molte, tutte puntualmente smentite dall’autore (se avessi voluto dar loro un significato particolare, li avrei chiamati in altro modo). Quella più affascinante ipotizza che il nome nasca dalla commistione fra Dio (God) e Charlot. Come dire, fra divino e comico. Marco Sciaccaluga ha affidato all’interpretazione di Eros Pagni e Ugo Pagliai una versione complessa e ricca di significati, di questo testo basandosi su una contraddizione molto produttiva. I personaggi si muovono in una scenografia rinchiusa in una prospettiva che ricorda una bolla di vetro, come quelle che contengono figurine destinate a essere inondate da neve falsa, oppure la lunetta di un quadro mistico o un’immagine di René Magritte (1898 – 1967). Gli attori recitano in modo realistico, quasi partecipassero a uno spettacolo neorealista o un melodramma. Questo iato fra, surrealismo e realismo, conferisce allo spettacolo un fascino particolare e rende ancor più esplicito quell’assurdo esistenziale che raccoglie il senso ultimo e più attuale dell’opera. E’ una proposta ricca di suggestioni e rimandi, come i sospensori rinforzati esibiti da Pozzo e Lucky che ricordano quelli dei teppisti di Arancia meccanica (A Clockwork Orange, 1971) di Stanley Kubrick (1928 – 1999), che arricchiscono un tessuto importante e danno forza a una lettura registica di grande livello.

valutazione: 1 2 3 4 5

Testo originale: En Attendant Godot, Waiting for Godot; versione italiana; Carlo Fruttero; regia: Marco Sciaccaluga; scena: Jean-Marc Stehlé, Catherine Rankl; costume: Catherine Rankl; musiche: Andrea Nicolini; luci: Sandro Sussi; interpreti: Ugo Pagliai, Eros Pagni, Gianluca Gobbi, Roberto Serpi, Alice Arcuri.

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