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L'anima buona del Sezuan ···· L'anima buona del Sezuan ···· Hot

L'anima buona del Sezuan ····

 

L'anima buona del Sezuan
L'anima buona del Sezuan
L’anima buona del Sezuan è uno dei testi più elaborati e complessi, per questo ricchi di suggestioni attualissime, scritti da Bertolt Brecht (1898 – 1956). La stessa composizione del copione impiegò il drammaturgo tedesco per molti anni: ne accenna nel suo diario sin dal 1939, ma la prima messa in scena sarà solo nel febbraio del 1943, allo Schauspielhaus di Zurigo. Sono gli anni in cui l’Europa è sconvolta dalla seconda guerra mondiale e quelli in cui lo scrittore è costretto a fuggire dal suo paese passando per Praga, Vienna, Zurigo, Parigi, Londra, New York. Un lungo esilio con tappe in Danimarca e Svezia. Una condizione che rendeva difficile il lavoro di creazione e che, tuttavia non giustifica, da solo, la lunga elaborazione del testo. In una Cina immaginaria tre Dei scendono sulla terra per cercare un’anima buona, sono convinti di trovarla in una prostituta che li ospita quando tutti gli altri si rifiutano di accoglierli. Per gratitudine, colpiti dalla miseria in cui la donna vive, le regalano un’importante somma di denaro che lei utilizza per comprare una tabaccheria. Quello che doveva essere l’inizio di una nuova vita si trasforma in un inferno in quanto, da quel momento, è perseguitata da una torma di miserabili e opportunisti che pretendono di esser alloggiati e mantenuti a sbaffo. Viste le miserabili condizioni dei postulanti, lei non sa dire di no a nessuno e, in questo modo, rischia di precipitare nel fallimento.

 

Troverà una soluzione travestendosi da uomo e assumendo l’aspetto di un suo cugino, astuto affarista e cinico uomo d’affari. Le cose sembrano essersi rimesse al bello, quantomeno sul piano economico, quando le capita fra capo e collo l’accusa di aver ucciso la buona ex prostituta per occuparne il posto. Un finale aperto segnala al pubblico che non è possibile salvarsi da soli facendo il bene, ma solo un movimento di massa può mutare il mondo e risolvere l’eterno dilemma se sia meglio cambiare l’uomo o la società. Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani propongono una lettura straordinariamente moderna di questo testo, immergendolo nell’oggi senza alcuna forzatura, ma adattandone parole e situazioni a temi quanto mai attuali. In un momento in cui uno dei contrasti politici fondamentali è proprio fra giustizia sociale ed elemosina, una proposta come questa arriva puntuale a ricordarci la complessità del mondo e dell’animo umano. Individui e società in cui bene e male si confondono in un universo unico che richiede riflessione e partecipazione. La favola di Shen-Te, che altro non è se non il volto buono della cinica Shui-Ta, assume il valore di una chiamata all’azione cosciente, senza illusioni di soluzioni magiche (gli dei che lasciano la terra senza aver risolto nulla), ma solo con l’impegno personale e collettivo. Una nota a parte merita l’interpretazione, nel doppio ruolo, di Mariangela Melato qui al massimo della sua creatività, straordinaria e duttile, perfetta e accorata. Una grande attrice che marca uno dei punti alti, forse il più alto, di una carriera straordinaria.

valutazione: 1 2 3 4 5 

Testo: Bertolt Brecht (1898 - 1956); titolo originale: Der Gute Mensch von Sezuan; versione italiana: Ferdinando Bruni, Elio De Capitani; regia: Ferdinando Bruni, Elio De Capitani; scene e costumi: Andrea Taddei; musiche: Paul Dessau; suono: Renato Rinaldi; luci: Sandro Sussi; interpreti: Mariangela Melato, Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Marco Avogadro, Fabrizio Careddu, Margherita Di Rauso, Rachele Ghersi, Alberto Giusta, Gianluca Gobbi, Orietta Notari, Nicola Pannelli, Fiorenza Pieri, Ernesto Maria Rossi, Vito Saccinto, Federico Vanni.

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