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Bufaplanetes
Bufaplanetes

 

Dove si colloca il confine che separa il virtuosismo, fisico o puro poco importa, dalla creazione, in particolare da quella poetica? Non è facile stabilirlo giacché si tratta di un elemento quasi impalpabile, che, per giunta, può variare all’interno di una medesima esibizione. Bufaplanets dello spagnolo Pep Bou è un esempio tipico di questa difficoltà. L’artista spagnolo lavora con le bolle di sapone, le modella, ci gioca, le trasforma in palline da ping pong. Sin qui siamo nel campo del virtuosismo puro, magari arricchito da un rapporto fra il concorrenziale e il dolce con una spalla, Isaias Antolin, che gioca il classico ruolo del nemico – amico.

Dove l’esibizione ha uno scatto e diventa poesia pura, è nel modo in cui l’artista elegge gli esili palloncini che escono dai suoi strumenti in parti di un dialogo che esalta la lievità e la bellezza. In questo senso lo spettacolo appare sicuramente più importante per il rapporto che s’instaura sul palcoscenico, fra il teatrante e le sue effimere creazioni, che non per la capacità di sfiorare l’incredibile fisico costruendo cose impossibili e fragili. In questo senso la proposta si scosta notevolmente dalle frettolose definizioni, quasi circensi, che qualcuno ha voluto incollarle, per diventare teatro puro, creazione primigenia svincolata da qualsiasi motivazione che non sia il gusto per la straordinaria bellezza dell’effimero.

valutazione:  1  2 3 4 5

Testo e regia: Pep Bou; interpreti: Pep Bou e Isaias Antolin; musiche: Ferran Martine Palou; luci: Jep Vergés; costumi: Andreu Sanchez; fotografie: Robert Ramos; produzione esecutiva: Marga Pérez,
 

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