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Gomorra
Gomorra

Registi e attori spesso non amano che al teatro vengano date accezioni diverse da quella che gli è intrinseca, quasi la drammaturgia raccogliesse in se stessa un’inviolabilità che le impedisse di andare oltre alla storia raccontata e di svolgere un’inchiesta sui fatti che stanno alla base degli eventi narrati. Roberto Saviano mette in luce questo aspetto e dichiara, al contrario, di sostenere una tipologia di teatro definibile civile, che avrebbe ragione di esistere soprattutto in virtù delle caratteristiche del teatro stesso, inteso come luogo d’incontro: il contatto faccia a faccia valorizza, infatti, ciò che si dice nelle sale. Ed è così che il teatro, nonostante sia considerato in assoluto il luogo della finzione, diventa sovente il mezzo, forse l’unico, in cui è possibile dire la verità. Per Roberto Saviano cercare e raccontare la verità è diventata un’autentica ossessione, perché “Sapere, capire diviene una necessità. L’unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare”. La versione teatrale di Gomorra ha offerto così l’occasione per continuare su questa strada. Mario Gelardi, autore e regista dello spettacolo, ha letto gli scritti di Saviano prima ancora che il libro venisse pubblicato: la proposta di dare vita ad un progetto teatrale è nata dalla necessità di raccontare le storie dei personaggi del libro.  

Si è rivelata però necessaria una scelta non facile, che ha costretto Gelardi a sacrificare molti episodi e che, alla fine, ha portato a circoscrivere lo spettacolo a cinque personaggi, su cui l’autore-regista ha lavorato, approfondendo ulteriormente le loro vicende. Gelardi si è parzialmente avvalso dell’aiuto dello stesso Saviano, per quanto gli è stato possibile, vista la crescente problematicità degli incontri e dei contatti, andata di pari passo con l’uscita del libro e con il suo strepitoso successo.  Proprio le difficoltà incontrate dall’autore di Gomorra hanno indotto il regista a raccontare anche la sua storia: così nasce il personaggio di Roberto, di cui è stato ricostruito il rapporto con le vicende narrate e con gli altri protagonisti. Sempre presente sulla scena, Roberto diventa il filo conduttore dello spettacolo e fa da collante alle storie raccontate. Significativo, in questo senso, il fatto che lo spettacolo inizi con il discorso pronunciato da Roberto Saviano a Casal di Principe nel settembre 2007.  Non si tratta pertanto di una riduzione teatrale di un romanzo, ma di una sorta di appendice allo stesso, se vogliamo di un approfondimento di alcune figure, che ha, ancora una volta, l’obiettivo di riportare la verità, di dare voce a una denuncia, di moltiplicare l’attenzione sui fatti, aiutando a conoscere e a capire, al fine di prendere consapevolezza delle dinamiche che governano in realtà il nostro paese. Le scelte vincenti del regista si manifestano anche nella messinscena, realizzata tramite un rincorrersi continuo delle scene e dei personaggi e caratterizzata da un vorticoso e violento movimento. I protagonisti, rappresentati con particolare cura, s’incontrano e si scontrano sulla scena, mettendo in evidenza le due sezioni di cui si costituisce la camorra: il braccio armato, quello che insanguina la terra campana, da troppo tempo luttuoso campo di una cruenta battaglia, e quello imprenditoriale, che dilaga in tutta la nazione e nel mondo. Le immagini e le musiche sono poi dotate di un simbolismo, che aumenta le potenzialità comunicative di uno spettacolo, a cui già un testo ben studiato e l’espressività, anche fisica, dei bravi attori permettono di arrivare al pubblico in modo efficace e diretto. 

valutazione: 1 2 3 4 5

Testo: Roberto Saviano e Mario Gelardi  Regia: Mario Gelardi  Interpreti: Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Giuseppe Miale di Mauro, Adriano Pantaleo e con la partecipazione straordinaria di Ernesto Mahieux  Scene: Roberto Crea  Costumi: Roberta Nicodemo  Musiche:  Francesco Forni  Immagini: Ciro Pellegrino

• http://www.teatrostabilegenova.it/
• 
http://www.teatrostabilenapoli.it/ 

 

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