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I due gemelli venezianii ··· I due gemelli venezianii ··· Hot

I due gemelli venezianii ···

I due gemelli veneziani
I due gemelli veneziani

 

I due gemelli veneziani è stata scritta da Carlo Goldoni (1707 – 1793) nel 1747, in pieno triennio pisano (1745 – 1748) quando l’autore era ancora incerto se proseguire nella carriera forense che, lo ricorda lui stesso, gli stava dando grandi soddisfazioni, anche economiche, o votarsi al teatro. Dubbio personale cui si accompagnava l’ancora incerta definizione di quella rivoluzione teatrale che lo porterà a rompere con il Teatro dell’arte per approdare all’idea, moderna e proficua, del teatro scritto. E’ un testo risente di questa fase di transizione, con spunti che riecheggiano - le maschere, il peso del gioco degli attori - il vecchio modo di fare teatro, ma che coesistono con lampi di modernità e realismo sia psicologico sia sociale.

Antonio Calenda, regista, e Massimo Dapporto, interprete, propongono una versione di questo testo che sfrutta assai bene queste dicotomie, riuscendo a recuperare al meglio sia il lato farsesco, sia quello politico- culturale. Se la memorabile versione, a metà degli anni settanta, curata da Luigi Squarzina e interpretata da Alberto Lionello, rimane ancora oggi un modello di lettura comica, quella di oggi assume uno spessore maggiore quanto a complessità del discorso e dimensione della proposta. Merito anche dell’attore che, costruendo i due gemelli che non si vedono da anni e che casualmente si trovano a Verona negli stessi giorni, sfrutta sino in fondo gli spunti offerti dai qui pro quo di cui è ricco il copione. In altre parole, uno spettacolo di grande spessore che va ben oltre le occasioni di risata offerte dal tema del doppio, un espediente molto sfruttato in teatro sin dal tempo dei Menecmi (Menaechmi, metà del III secolo a.C.) di Tito Maccio Plauto (250 a.C. circa – 184 a.C.), per sviluppare un discorso in cui la malinconia, le tensioni sociali, il senso della morte hanno un peso persino superiore a quello di risate e capriole. In questo un ruolo importante l’ha la scenografia di Pier Paolo Bisleri che, con pochissimi arredi, restituisce il senso dell’epoca oltre a illuminare l’intera lettura dello spettacolo con quel calesse su cui arriva, all’inizio, uno dei due fratelli, veicolo che diventa, nel finale, il carro funebre su cui riposa la salma dell’altro. Un mezzo di locomozione che è anche il simbolo di un viaggio non rinviabile e incombente su tutti.

valutazione:  1  2 3 4 5

Testo: Carlo Goldoni (1707 – 1793); produzione: Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Noctivagus Produzioni Teatrali; regia: Antonio Calenda; scene: Pier Paolo Bisleri; costumi: Elena Mannini; musiche: Germano Mazzocchetti; luci: Sergio Rossi; interpreti: Massimo Dapporto, Umberto Bortolani, Adriano Braidotti, Felice Casciano, Giovanna Centamore, Lamberto Consani, Marianna De Pinto, Francesco Gusmitta, Carlo Ragone, Alessandra Raichi, Osvaldo Ruggieri.

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