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Molly Sweeney ··· Molly Sweeney ··· Hot

Molly Sweeney ···

Molly Sweeney
Molly Sweeney
Il copione di Molly Sweeney, dell’irlandese Brian Friel (1929), è stato scritto nel 1995 avendo presente un fatto ratealmente accaduto a un uomo e riferito da Oliver Sachs (1933) nel racconto To see and not to see (Vedere e non vedere) che compare nel volume Un antropologo su Marte (An Anthropologist on Mars, 1955). La trasposizione scenica muta sesso del protagonista, da un maschio a una femmina che, cieca sin dai primi mesi di vita, riacquista parzialmente la vista dopo un’operazione, all’epoca d’avanguardia, ma il trauma è così forte da farla impazzire nel giro di pochi mesi.

 

Andrea De Rosa usa questo testo per proporre una riflessione molto originale su vista e udito. La prima parte dello spettacolo avviene letteralmente al buio, nel senso che agli spettatori sono fornite delle mascherine, tipo quelle in uso sulle lunghe rotte aeree, e s’invitano metterle e tenerle sino a un certo momento dello spettacolo, all’incirca per tre quarti d’ora su una durata complessiva di un’ora e quindici minuti. In questa parte la sala è al buio, il palcoscenico chiuso e gli attori si aggirano fra le file della platea. La seconda parte ha un aspetto più normale, anche se attori e pubblico sono divisi da un velario semitrasparente. Il risultato è in una sorta di dicotomia: sentire, il primo tempo, e vedere, il secondo. Il risultato è affascinante, costringe ad aguzzare i due organi e a spingere l’attenzione in un senso o nell’altro. Meno riuscita, invece, la descrizione e l’utilizzo complessivi del caso clinico, con un legame tropo labile fra pazzia ed eccesso di stimoli visivi. Questo è un campo ricco di suggestioni estendibili, ove si voglia, anche alla vita quotidiana e alla società che ci circonda, ma la regia non lo imbocca neppure, preferendo rimanere sul terreno della psicologia individuale e consegnando un’opera interessante ma incompleta.

valutazione:  1  2 3 4 5

Testo: Brian Friel (1929) dal racconto To see and not to see (Vedere e non vedere) che compare nel volume Un antropologo su Marte (An Anthropologist on Mars, 1955) di Oliver Sachs (1933); produzione: Emilia Romagna Teatro, Teatro Metastasio Stabile della Toscana in collaborazione con Asti Teatro 29; versione italiana: Monica Capuani, Marta Gilmore; regia: Andrea De Rosa; scene: Laura Benzi; costumi: Ursula Patzak; suono: Hubert Westkemper;  luci: Pasquale Mari; interpreti: Umberto Orsini, Valentina Sperlì, Leonardo Capuano, Umberto Orsini, Valentina Sperlì, Leonardo Capuano; registrazione: voce del padre di Molly, Andrea Renzi, voce di Molly bambina: Elena De Rosa; Oft in the Stilly Night è cantata da Enza Di Blasio, Halling dal Peer Gynt di Grieg e The lament for Limerick sono eseguite al violino da David Romano.

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