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Passaggio in India
Passaggio in India

 

Edward Morgan Forster (1879 – 1970) è uno scrittore inglese dalla cui opere il cinema ha attinto a piene mani, basti pensare alla filmografia di James Ivory: Camera con vista (A Room with a View, 1985), Maurice (1987), Casa Howard (Howards End, 1992). Da Passaggio in India (A Passage to India, 1924) David Lean ha tratto, nel 1984, un film che ebbe grande successo e ottenne due premi Oscar (migliore attrice non protagonista e migliore musica). Per la verità era una riduzione indiretta in quanto mediata dalla versione teatrale del romanzo scritta dall’indiana Santha Rama Rau, compilata sotto la supervisione dell’autore del romanzo. Questa stessa versione è alla base dello spettacolo diretto da  e interpretato, fra gli altri da Giulia Lazzarini.

La vicenda narrata è ad un tempo semplice e complessa. Siamo in India attorno al 1920, un’anziana signora inglese e la fidanzata di suo figlio visitano la cittadina di Chandrapore, in un’epoca in cui la vita sociale è nettamente divisa in gruppi con i colonizzatori britannici che vivono senza quasi avere rapporti con i nativi. La donna e la ragazza, animate da una forte curiosità per il paese, accettano di partecipare ad una gita, organizzata da un medico indiano alle grotte di Marabar, luogo misterioso immerso in un’oscurità quasi totale. Ed è proprio in quel buio che avviene il fatto che è al centro del racconto: la ragazza esce trafelata dalle grotte, con i vestiti in disordine e fugge dichiarando all’arrivo in città di essere stata oggetto di un tentativo di stupro da parte del medico. Ne nasce un processo che si chiude con un colpo di scena: la presunta vittima, interrogata davanti al giudice indiano  confessa di non essere sicura che l’aggressione ci sia stata veramente, per cui l’imputato è assolto e diventa un simbolo per gli indipendentisti. La regia teatrale tenta di superare la verbosità di un testo pieno di lunghe riflessioni filosofiche sulle inconciliabili differenze che separano la cultura indiana da quella britannica, con un’impostazione apertamente stilizzata, che costringe gli attori a muoversi, a tratti, come burattini. Lo sfondo lo offre una scena su cui campeggiano varie mappe dell’epoca, il tutto per approdare a un’impostazione totalmente antirealistica. Ciò che emerge non è tanto la soluzione dell’enigma di base (c’è stato o no tentativo di violenza?), fatto che lo stesso scrittore rifiutò sempre di chiarire (Nelle grotte c'è o un uomo o il soprannaturale o un'allucinazione. Se lo dico diventa, qualsiasi sia la risposta, un libro differente.) quanto l’incompatibilità fra due mondi. In questo c’è un’impostazione rassegnata,  che sfiora la teoria della separazione naturale, fra mondo occidentale e altre culture. Una posizione non priva d’ambiguità che lascia molte perplessità e va ad aggiungersi a quelle suscitate da una messa in scena eccessivamente dilatata e non priva di pesantezza stilistica. 

valutazione:  1 2 3 4 5

Testo: Santha Rama Rau dal romanzo di Edward M. Forster; traduzione: Sandro Lombardi; drammaturgia: Sandro Lombardi, Federico Tiezzi; regia: Federico Tiezzi; scene: Francesco Calcagnini; costumi: Giovanna Buzzi; luci: Roberto Innocenti; interpreti: Sandro Lombardi, Graziano Piazza, Giulia Lazzarini, Debora Zuin, Massimo Verdastro, Giovanni Franzoni, Daniele Bonaiuti, Sandro Mabellini, Silvio Castiglioni, Ciro Masella, Fabricio Christian Amansi, Aleksandar Karlic, Andrea Maria Carabelli.

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