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Antigone ·· Hot

Un atto di etica contrapposto ad una forte volontà politica che si fa beffa della morale a favore delle leggi umane: la tragedia Antigone di Sofocle (V sec. a.C.) è stata tramandata così nei secoli ed è tornata con insistenza nei periodi di tirannia e repressione, quando l’eroina tebana è diventata un modello di ribellione alle leggi (ingiuste) dello stato. La contrapposizione tra due figure così forti e così differenti ha poi dato la possibilità di rilevare altre dicotomie: oltre a quella già citata tra etica e politica, quella tra gioventù e vecchiaia, tra divino e umano, tra uomini e donne. Per questo suo valore sociale, la vicenda di Antigone torna con tanta frequenza nella storia degli uomini, così come nel teatro e nella letteratura.

La giovane figlia di Edipo, Antigone, dopo la morte dei fratelli, Polinice ed Eteocle, sceglie di sovvertire la decisione del re Creonte e di dare sepoltura a Polinice, ritenuto dal sovrano traditore della patria. La giovane donna viene però colta nell’atto della disubbidienza e trascinata da una guardia davanti allo zio Creonte, il quale decide di punirla con la morte. Il re sottovaluta tuttavia le ripercussioni che tale scelta potrebbe avere sulla sua stessa famiglia, essendo Antigone la promessa sposa del figlio Emone, che tenta invano di ricondurre il padre alla ragione. L’indovino Tiresia rivela a Creonte empi presagi, ma è troppo tardi: Emone, dopo la morte dell’amata, si toglie la vita e così la madre di lui, Euridice. A Creonte non resta che essere condannato a vivere nella sofferenza e nel rimpianto.

Nel tentativo di proporre un fedele allestimento del testo di Sofocle, pur senza una precisa collocazione spaziale e temporale (sebbene i costumi lascino trapelare una contemporaneità non meglio definita), l’Associazione Narramondo propone un’Antigone priva di stile, spogliata della solennità caratteristica della tragedia greca e dell’intensità del testo sofocleo; l’elemento tragico viene qui affidato unicamente alla disperazione fatta trapelare, con toni spesso eccessivi, dalla recitazione degli attori. Per quanto riguarda la figura di Antigone, nella presente messinscena è offuscata da un forte Creonte, che si rivolge costantemente al pubblico, quasi volesse convincerlo della giustizia delle proprie azioni, probabilmente per ovviare all’assenza del coro di vecchi tebani, sostituito qui da un unico attore, che rappresenta un personaggio non identificato, che commenta le vicende; tale scelta registica tuttavia svilisce l’elevatissimo valore poetico dei cori della tragedia. Si aggiunga a questo il fatto che la rappresentazione procede molto veloce: i tempi sono serrati e le pause, necessarie a un meritato apprezzamento del testo, sono praticamente inesistenti. Si tratta di un’Antigone ridotta ai minimi termini. Un’occasione sprecata per una giovane compagnia che fa del sociale il proprio contrassegno. (Roberta Balduzzi)

valutazione 1 2 3 4 5

Testo: Sofocle Regia: Carlo Orlando e Nicola Pannelli interpreti: Elena Dragonetti, Biagio Forestieri, Emanuela Guaiana, Carlo Orlando, Nicola Pannelli, Andrea Pierdicca, Franco Ravera, Marco Taddei, Raffaella Tagliabue  Scene e costumi: Laura Benzi  Disegno Luci: Giovancosimo Divittorio  Organizzazione: Lisa Raffaghello  Produzione: Narramondo Teatro

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