Giunti alla terza collaborazione artistica, Emanuele Conte e Michela Lucenti hanno unito le proprie forze, la creatività, le tecniche diverse di fare spettacolo in una drammatizzazione che è ormai entrata saldamente nel repertorio del teatro genovese, quella sempre più innovativa entità culturale che assieme al Balletto Civile sono l’anima della rilettura della vicenda mitologica che coinvolgeva Minosse ed il Minotauro.
La scelta di incentrare gran parte della vicenda sulle disavventure di Axto è già un chiaro segno della ricerca di una nuova chiave di lettura. E’ un personaggio minore che era stato testimone del rapporto contro natura tra Pasifae - figlia di Elio e di Perseide nonché madre del Minotauro - mentre si trovava nella vacca di bronzo costruita per lei da Dedalo perché potesse unirsi al Toro di Creta. Contadino, pastore, ingenuo ed indifeso, si trova al centro di cose troppo grandi per lui. Il testo prende l’attuale forma dalla struttura di studio pensato per essere accolto da un tendone da circo, spettacolo andato in scena ad Artisti in Piazza - Pennabilli Festival. La crescita drammaturgica è notevole e la commistione tra gli artisti delle due realtà sempre più funzionale. In uno sviluppo di poco più di un’ora, sul palcoscenico si apre davanti agli occhi degli spettatori il racconto di una storia nota ai più, che acquista vivacità narrativa completa. Oltreché bravura interpretativa, agli interpreti si chiede anche grandissimo impegno fisico; ballano, recitano in quello che è perfettamente descritto nella presentazione di Axto: oratorio per corpi e voci dal labirinto. Questo labirinto fatto costruire dal re Minosse tradito per rinchiudervi il feroce Minotauro non permette di trovare l’uscita a chi ci entra: acquista la simbologia di un mondo che pretende il sacrificio di tanti per consentire l’esistenza di qualcuno; qui giovani vittime sacrificali, nella vita tante persone che rimangono nell’oblio di una vita senza reale esistenza. Uno spazio ricoperto di sabbia - un’arena o un ring - in cui si confrontano i vari personaggi in scontri verbali e fisici in un crescendo che suona di tragedia. Ma ricorda anche una casa dopo un’alluvione (i pochi mobili che sono inseriti dentro la sabbia): una perfetta location per una storia che non lascia mai indifferenti. L’utilizzo dei due narratori che collegano i vari quadri tra loro donando coesione e coerenza, che porta alla ricostruzione della mitologia tradizionale, è scelta registica vincente, che bene si sposa con la parte di movimento coreografico: a dimostrazione che le due anime di Axto sono perfettamente equilibrate tra loro. Merito, soprattutto, dell’attenta regia di Emanuele Conte e Michela Lucenti, quest’ultima coinvolta anche fra gli interpreti.