Ascanio Celestini è uno di quei teatranti capaci di tenere in piedi da solo o con l’auto di pochi musicisti, un intero spettacolo. La sua bravura risalta in Barzellette in cui parla di un giovane ferroviere assunto in una stazione terminale ove i treni arrivano alla fine di lunghi percorsi per poi ritornare indietro.
Un luogo solitario in cui l’unica cosa viva è rappresentata dalle storielle che i viaggiatori raccontano e lasciano in ricordo del loro passaggio. In questo spettacolo il cantautore e comico racconta di morti, poveri, sognatori, disperati, ubriaconi, feste, funerali, suore, preti. Un’umanità messa in berlina, in alcuni casi anche oscenamente, sempre con una sensibilità che non dimentica mai il rispetto dovuto a tutti gli esseri umani, anche a quelli di bassa e bassissima estrazione. È un modo di affrontare la realtà che nobilita il narratore e fa in modo che l’ascoltatore si riconosca in questa o quella situazione senza sentirsi umiliato o deriso. L’unico momento in cui il narratore prende parte in modo aperto è quando affronta l’immagine del ferroviere anarchico (Giuseppe Pinelli, 1928 –1969) che, gettato da una finestra della questura di Milano da gente perbene e ben vestita, rimane nell’aria senza schiantarsi al suolo. È un ricordo – celebrazione di un martire del nostro tempo la cui memoria è rimasta nel cuore di migliaia di nostri contemporanei.