Laura Sicignano propone un‘Antigone in versione moderna e intelligentemente femminista. Il testo di Sofocle era stato, sino ad oggi, presentato come un classico (fu scritta da Sofocle nel 442 a.C. e rappresentata per la prima volta ad Atene nelle Grandi Dionisie dello stesso anno) che metteva in contrasto le leggi e il senso di libertà. In questo rimangono nella memoria sia l’edizione del 1967 messa in scena in Germania dal Living Theatre, con esplicito riferimento alla guerra in Viet Nam, sia la rappresentazione, diretta da Andrzej Wajda con lo Stary Teatr di Cracovia, proposta a Delfi nel 1989.
La regista di questa nuova edizione ha rimaneggiato profondamente il testo, riducendolo a un’ora e un quarto di palcoscenico. Riamane immodificato il cuore della vicenda che nasce dal contrato fra la giovane Antigone e Creonte re-tiranno di Tebe che decreta la pena di morte per chiunque dia sepoltura agli assalitori della città, fra cui Polinice fratello della protagonista. Da questa contrapposizione parte il contrasto fra legge e sentimenti umani che ben presto diventano un confronto fra potere e femminilità. In questo la regista cavalca una versione modernissima del copione aiutata anche da una scenografia spettacolare e funzionale. Senza dimenticare che l’adattamento del testo classico le consente di ridurre il gigionismo del protagonista, Sebastiano Lo Monaco, a cui rimane solo la passerella degli interpreti nel finale per esibirsi in baci e abbracci rivolti agli spettatori. Diversamente da Barbara Moselli che da vita ad un’Antigone misurata e umanissima. In definiva uno spettacolo di grande suggestione e inventiva.
