Oltre 10 anni di attività, la Compagnia teatrale Blusclint (non è nome anglosassone ma l’unione tra blu e sclint che in dialetto piemontese è usato dai contadini per dire che il cielo è terso) nasce dall’incontro tra Paolo Faroni e Massimo Canepa; il primo si diploma regista alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi, ma è anche attore e autore; il secondo è macchinista teatrale e direttore di scena, ma anche dottore di ricerca in filosofia estetica.
Con due fondatori come questi, difficile pensare ad un repertorio classico, alla riproposta di testi noti a tutti. La loro mission è, infatti, quella di proporre temi diversi dagli usuali (o, quantomeno, trattati in maniera differente) in drammaturgie da loro stessi scritte, anche se agli inizi avevano anche presentato Riccardo3 riscrittura della tragedia shakespeariana che prende spunto dal lavoro scenico di Carmelo Bene, e Hamlet. Hanno conquistato uno spazio di nicchia, ma non per questo meno interessante, nella realtà italiana. Grasse Risate, Lacrime Magre è un po’ il loro cavallo di battaglia dall’ottobre del 2013, nel corso degli anni ha avuto molte trasformazioni nel testo senza mai perdere quell’ironia mista ad un melanconico modo di vedere il futuro. È proprio questa una delle caratteristiche dello spettacolo: rimane immutato il titolo e lo spirito che lo anima, ma non si sa mai in anticipo cosa avranno deciso di proporre quella sera. Molto affiatati, si adeguano al pubblico che in quel momento hanno di fronte e, probabilmente anche improvvisando, creano con loro un dialogo in cui lo spettacolo si interseca con le emozioni dei singoli. Il motore di tutto sono loro stessi ed il modo di intendere l’attore, da loro definito il secondo mestiere più vecchio del mondo, ma molto meno redditizio del primo. Si ride, e tanto, ma nello stesso tempo si ha modo di ragionare, di parlare di temi solo apparentemente leggeri. Nessun forzoso approfondimento psicologico troppo serioso che rende la comicità quasi come una colpa per chi desidera solo divertirsi, ma come precisano loro stessi Una girandola di battute su malesseri, disagi, luoghi comuni di quello che alcuni chiamano lavoro nella speranza che un giorno ci sia un posto fisso anche per loro! Il meccanismo drammaturgico si basa sul modo differente che i personaggi hanno di vedere la figura di chi opera nello spettacolo, sia esso attore o addetto ai lavori dietro le quinte. Uno vive l’esteriorità di questa attività affrontata per ottenere facile gratificazione di danaro e di successo, l’altro ha una visione più idealista di quella che ritiene Arte. Diviso in vari quadri di 15/20 minuti, autentici atti unici in cui professano la loro dissimile visione di temi fatti di irrealtà che si trasformano in momenti di vita reale, lo spettacolo raggiunge lo scopo di essere momento di intrattenimento ma anche satira sul mestiere del teatro. Forse il più classico, e particolarmente divertente, è l’incontro tra un impresario di provincia che realizza e propone spettacoli popolari in cui ci devono essere attrici bellocce disposte a farsi vedere nude (ma che ha anche qualche spettacolo più convenzionale) con un giovane autore appena diplomato all’Accademia. Uno parla di tette, l’altro propone una drammaturgia sui problemi esistenziali di omosessuali inseriti anche nel mondo dello spettacolo; è una lezione di vita, un confrontarsi con rispetto ma rimanendo ambedue ben radicati nelle loro convinzioni. Trovano un punto di incontro, l’esigenza di lavorare assieme dopo la morte di un impegnato regista novantaquattrenne di un Arlecchino interpretato da un attore di 104 anni; il giovane viene assunto al posto del defunto purché non abbia idee, non cambi nulla, si limiti a fare funzionare ogni cosa senza volere fare l’artista. L’amarezza è sempre presente in ogni momento di Grasse Risate, Lacrime Magre ma convive perfettamente con l’anima più comica di un lavoro che da 8 anni identifica l’attività teatrale di Paolo Faroni e Fabio Paroni, della Compagnia teatrale Blusclint. Anche in questa occasione hanno creato tutto loro due, dalla drammaturgia alla regia, dall’interpretazione alla scelta delle musiche particolarmente efficaci. Lo spettacolo si chiude sulle note di Vivi interpretato da Gianni Togni, canzone in cui il testo è perfetto per sintetizzare la loro filosofia. Vivi è la vita vivi, c’è sempre un palcoscenico che s’illuminerà da dietro le quinte, chissà nascosti al sicuro vedremo arrivare il nostro futuro.