Il teatro in Italia è più vivo di quanto si possa pensare; non necessariamente in quantità di spettatori ma nella variegata proposta sia di testi che di Compagnie. Oltreché il mondo dei Teatri Stabili e privati, esiste un modo diverso di proporre gli spettacoli: entità amatoriali in cui alle volte esistono eccellenze, in cui non essere professionisti non deve essere qualificato col termine un po’ spregiativo di dilettanti.
È vero, questa parola dovrebbe avere anche il significato di diletto, con persone che si dilettano a fare qualcosa che non è la loro professione, ma così spesso non viene sentito o vissuto da chi si incontra col poco considerato magico mondo dei sogni che qualcuno riesce a fare diventare davvero realtà. Assistere ad una messa in scena di Filumena Marturano fedele a quanto pensato e scritto da Eduardo De Filippo, interpretata con bravura da una compagnia che si impegna attorialmente recitando in napoletano, è un piacere. Dice il nuovo direttore del Teatro Nazionale di Genova Davide Livermore che desidererebbe vedere uno Shakespeare come lo aveva lui pensato e scritto, evitare classici italiani e non che abbiamo riletture a volte capziose. Angelo Formato, deus ex machina della compagnia genovese Il Crocogufo, lo ha capito e ha riproposto la commedia di Eduardo più rappresentata al mondo così come da lui scritta. Nelle note di regia il grande drammaturgo forniva precisi elementi della donna. In piedi, quasi sulla soglia della camera da letto, le braccia conserte, in atto di sfida, sta Filumena Marturano. Indossa una candida e lunga camicia da notte. Capelli in disordine e ravviati in fretta. Piedi nudi nelle pantofole scendiletto. I tratti del volto di questa donna sono tormentati: segno di un passato di lotte e tristezze. Non ha un aspetto grossolano, Filumena, ma non può nascondere la sua origine plebea: non lo vorrebbe nemmeno. I suoi gesti sono larghi e aperti, il tono della sua voce è franco e deciso, da donna cosciente, ricca di intelligenza istintiva e di forza morale, da donna che conosce le leggi della vita a modo suo, e a modo suo le affronta. È esattamente come appare sulla scena Ornella Sansalone, come la hanno resa Titina De Filippo o Pupella Maggio sue illustri colleghe. Nello sviluppo dei tre atti non viene mai tradito questo spirito e si è rapiti sia dalla storia che da un’interpretazione di buon livello, a tratti ottimo. Inutile, o dannoso, mettere mano su di un intreccio vincente rischiando di non rispettare i difficili equilibri tra comicità, dramma, furbizia, intelligenza il tutto sullo sfondo di una morale complessa che rende quasi eroico il comportamento di una donna che per anni ha lavorato come prostituta. Si apprezza il testo e la capacità di trasformarlo in momenti di vita vissuta, rifiutando la freddezza di battute freddamente recitate. Dieci attori impegnati nei vari ruoli, la conferma che non ci si rende conto dei suoi 75 anni (era stata scritta da Eduardo per la sorella ed era inserita nella raccolta Cantata dei giorni dispari), la voglia di rivederla. È l’unica commedia di De Filippo in cui la protagonista è una donna. Ottimo protagonista, oltreché Ornella Sansalone, Angelo Formato che ha curato anche la regia. Formato è anche il referente della compagnia Il Crocogufo, associata alla FITA Federazione Italiana Teatro Amatoriale (la loro mission è sintetizzata in questa frase: Le indimenticabili emozioni del teatro amatoriale), particolarmente attiva con un repertorio variegato di buon interesse. Filumena è una ex prostituta che si finge agonizzante per costringere il suo ricco convivente Domenico Soriano a sposarla, nonostante questi rivolga le proprie attenzioni a un’altra donna. Scoperto l’inganno, l’uomo è risoluto ad annullare le nozze, finché Filumena gli rivela di essere madre di tre figli cresciuti di nascosto, di uno dei quali proprio Domenico è il padre. Alle sue ripetute richieste per sapere quale sia dei tre, Filumena, impassibile, resiste, sentenziando che «i figli sono figli, e sono tutti uguali».