Stefano Benni è un autore leggero (ma fino a che punto?) che ha saputo cavalcare con bravura e grande originalità la scena culturale italiana ed internazionale. Dalla prima raccolta di racconti (Bar Sport – Mondadori Editore – 1976) ad oggi la sua vena non si è mai offuscata divenendo punto di riferimento per gli appassionati del grottesco, dell’horror che non disdegnano la satira sociale.
È scrittore, umorista, giornalista, soggettista, sceneggiatore, poeta e drammaturgo (ma sicuramente dimentichiamo qualche sua attività). Dell’ultima raccolta di brevi scritti da lui pubblicata (Cari mostri – Feltrinelli Editore, 2015) si era interessata la giovane compagnia del Teatro Stradanuova e, come dicono loro ancora stupiti, Benni cedette i diritti per trasformare 12 suoi racconti in uno spettacolo teatrale. Il risultato ottenuto nella messa in scena lo scorso anno da questa nuova entità culturale genovese erano stati più che positivi tanto che Benni ha concesso loro di utilizzare altri suoi scritti da inserire nel nuovo spettacolo debuttato il 31 ottobre nello storico locale di Vico Boccanegra. 80 minuti senza tregua animati sul palcoscenico da Caterina Cottafavi, Ivano La Rosa e Lorenzo Tolusso, resi personaggi anche con l’aiuto dei costumi di Sara Aurelio che fanno venire in mente il migliore Luzzati, con la regia attenta e funzionale di Eleonora D'Urso che ha sfruttato al massimo l’adattamento teatrale di Michele De Negri che ha saputo egregiamente entrare nel mondo dello scrittore bolognese ed in questi racconti già, forse, pensati da Benni per il teatro. Cari mostri parla di paura, di mostri che possono essere ovunque e presentarsi sotto varie spoglie, non solo vampiri ed entità orrorifiche ma anche in chi vede nella guerra una maniera di arricchirsi o chi coscientemente avvelena il pianeta. Il lucrare sulla morte è bene rappresentato da Il mercante dove un fabbricante di armi scopre che il suo business è in perdita perché le guerre hanno ridotto la popolazione mondiale a poche centinaia di individui. Attuale (e, ahimè, non utopico) Numeri dove il protagonista è un uomo che deve affrontare una giornata in cui nessuna tecnologia funziona più bloccando l'uso di computer, cellulari, carte di credito e quant'altro: tutto questo lo porta verso la morte. Non manca la satira contro il clero che non sempre pensa solo al bene delle anime: ne Il miracolo la statua della Madonna comincia a ridere; il prete è arrabbiatissimo perché solo le lacrime, coi fedeli che vengono a frotte, creano un vero business. Altro racconto in cui la Chiesa è rappresentata in maniera ironica è La Parola in cui un monaco in punto di morte decide di rivelare la parola assassina, un leggendario insieme di lettere che se pronunciate nel giusto modo possono portare allo sterminio di un intero esercito nemico; il monologo di Lorenzo Tolusso è una delle eccellenze dello spettacolo. Si chiude con un classico del teatro in cui allo spettatore si chiede di condividere le emozioni degli attori salendo sul palcoscenico presentando L'ispettore Mitch, l'unica storia con animali protagonisti dove il gatto poliziotto Mitch è aiutato dalla cooperazione generale nell’indagine su una serie di efferati gatticidi.