Marco Paolini è un narratore straordinario, capace di estrarre lezioni e argomenti validi per tutti da esperienze personali o da testi popolari. Con Il tempo degli Dei – Il calzolaio di Ulisse affronta L’Odissea di Omero, ma la contamina con riferimenti all’oggi traendone un discorso in cui un filo conduttore, comune a tutta l’opera di questo artista (la denuncia della disumanità della guerra), si salda con una serie di riflessioni che coinvolgono lo stesso Re di Itaca.
In questo, la perorazione finale di Penelope che gli rimprovera, nella sostanza, la crudeltà dell’uccisione delle donne che si sono date ai Proci per sopravvivere, assume un tono particolarmente drammatico. L’Ulisse di Marco Paolini non è lontano, moralmente parlando, dai suoi compagni di ventura che hanno sterminato i troiani o, lo ha fatto lui stesso, seminato la morte nell’isola in cui è approdato subito dopo la caduta della città assediata. Il narratore è accompagnato da Saba Angiana, dalla voce potente e bellissima, da Elisabetta Bosio, dal chitarrista Lorenzo Monguzzi e da Vittorio Cerroni. Il suo raccontare diventa una condanna inappellabile verso gli Dei che sembrano condizionare ogni comportamento umano facendo leva sui suoi istinti peggiori, quasi che il loro godimento si misuri in termini di sangue versato e ferocia. La regia dello spettacolo è di Gabriele Vacis che prende in mano il testo di Marco Paolini e Francesco Niccolini facendone, con l’uso di pochi elementi scenici fissi, una lezione di morale e politica moderna in cui emergono i teli di plastica con cui i soccorritori tentano di proteggere dal freddo i migranti. Questo è uno dei meriti della proposta che accosta i migranti di oggi ai guerrieri di ieri, demistificando un testo che, siano ad oggi, è stato letto in maniera epica e che Paolini e Vacis hanno il merito, tutt’altro che trascurabile, di rimmergere nella violenza e nella crudeltà della storia.