Delitto e castigo [Преступление и наказание letteralmente Il delitto e la pena con riferimento al libro Dei delitti e delle pene (1764) di Cesare Beccaria - (1738 – 1794)] è uno dei ltesti più famosi di Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821 – 1881).
Un racconto, uscito a puntate nel 1866, che è stato oggetto di molteplici interpretazioni e analisi sia di tipo religioso che psicologico. Arriva ora la versione per il palcoscenico di Konstantin Bogomolov, un quarantenne che incarna una delle voci più interessanti del teatro contemporaneo. Questo regista e adattatore ha fortemente manipolato la pagina ascritta, traendone uno spettacolo abbastanza lungo, due ore filate, ambientato ai giorni nostri con personaggi che hanno mutato le caratteristiche originali. Così lo studente povero e assassino Rodion Romanovič Raskol'niko diventa un immigrato africano, indolente e privo di qualsiasi ideologia, che si rende colpevole di omicidio uccidendo una donna bianca e sua figlia, con uno scarto significativo dalla figura dell’intellettuale miserando che ammazza a colpi d’ascia una vecchia strozzina e, per eliminare ogni testimone, anche la di lei giovane sorella È una costruzione sostanzialmente basta su ampi monologhi in cui gli attori descrivono i sentimenti che attraversano le loro menti. Ne nasce un quadro di disperazione e degrado che ha poco a che vedere con la Russia della metà ottocento, ma riecheggia temi particolarmente attuali come l’emigrazione africana, la prostituzione giovanile e la droga più che l’alcolismo. È un’operazione spiazzante e coraggiosa, ma non del tutto convincente. Sembra quasi che gli argomenti affrontati siano vivisezionati nel freddo asettico di un laboratorio e non nella carne dei protagonisti. Una sensazione di estraneità simboleggiata dai due manichini posti in sala sin dall’entrata del pubblico e che significano l’estraneità dei protagonisti agli impeti e alle passioni. In altre parole, un esempio di originalità, ma un’operazione solo parzialmente convincente.