Roberto Saviano (1979) ha scritto quattro libri, ma solo due sono romanzi a pieno titolo: La paranza dei bambini (2016) e Bacio feroce (2017). Al centro di questi due testi c’è la storia di un gruppo di giovanissimi delinquenti che si costituiscono in banda per farsi strada nel mondo del crimine napoletano, in particolare nello spaccio della droga. Il centro dell’interesse di questi scritti è nella giovane età dei protagonisti, molti di loro vanno ancora a scuola, che fanno propri i valori di ferocia e violenza che sembrano esclusivi del mondo degli adulti.
Dal primo di questi volumi Mario Gelardi ha tratto lo spettacolo La paranza dei bambini che segue, abbastanza fedelmente, la tracia del libro omonimo mettendo in risalto, soprattutto, la violenza e l’avidità che segano questi giovani. La scena è decisamente semplice e altrettanto lo sono i costumi anche se nella loro concezione complessiva riecheggiano le vesti che compaiono in numerosi film americani dedicati alla vita dei gangster. In questo regista e costumista seguono fedelmente e fanno emergere uno dei momenti culturali di fondo dell’opera: il costante riferimento della cultura di questi ragazzi al cinema americano assunto come modello di vista e di comportamento. Questo è, forse, il dato più interessante dello spettacolo e svela le radici di una pseudo cultura eterodiretta e malamente assimilata. Del resto questi ragazzi, affidati a giovani attori dotati di notevoli capacità ginniche, sono i portatori di una cultura che sposa l’esteriorità alla violenza, la convenienza economica alla volgarità. L’unico dato negativo è individuabile nello scarso approfondimento che la regia riserva al disegno dell’ambiente in cui questi personaggi sono immersi. Ne deriva un racconto i cui i protagonisti appaiono quasi avulsi da ogni elemento reale, come dire l’apparenza, a tratti, fa premio sulla sostanza.