Fausto Paravidino è uno dei migliori uomini di teatro di cui disponga il panorama del nostro paese. Apprezzabile forse ancor più come autore e resta che come interprete, ha consegnato al pubblico una serie di spettacoli di grande interesse.
I suoi lavori per il cinema, il teatro e la televisione hanno segnato in maniera decisa la creazione artistica degli ultimi anni. È ora la volta de Il senso della vita di Emma in cui il teatrante ripercorre gli ultimi quarant’anni della vita italiana con un occhio particolarmente attento alla condizione delle donne. S’inizia negli anni settanta, quando ancora infuria il terrorismo delle Brigate Rosse e il rapimento di Aldo Moro (1916 - 1978) è d’attualità, per arrivare sino ai giorni nostri passando attraverso il femminismo, la lotta contro gli avvelenatori dei mari e gli sterminatori dei cetacei. Un percorso arduo e denso di contraddizioni che non trascura l’arte figurativa e il ruolo degli intellettuali. Potrebbe sembrare uno spaccato della nostra vita sociale se non fosse per il ruolo che l’autore riserva alle donne, concepire come fulcro dello sviluppo e le cadute dell’intero contesto sociale. Un fulcro che ha un centro nell’immagine misteriosa di Emma, che compare solo nell’ultima sequenza dello spettacolo, caricandosi via via, quando è ancora individuata in un burattino animato da altri, dei contrasti e delle lacerazioni che segnano madre, sorella e varie altre figure femminili. Il teatrante dispiega, in un discorso lento e motivato (lo spettacolo dura tra ore), un itinerario non semplice. Rifiuta di tagliare con l’accetta personaggi e situazioni in favore di un’analisti minuziosa motivata. Ne nasce un testo di grande complessità e di forte fascino che merita di essere apprezzato come una delle proposte migliori della stagione.