Forse Pino Petruzzelli ha preso spunto da Omero nel raccontare storie accompagnate da musicisti, fatto sta che Mediterraneo è un’affascinante incursione in questo grande lago che chiamiamo mare e nelle tragedie che vi si sono affacciate e che continuano. Si parte dalla guerra fratricida dell’ex -Jugoslavia, si arriva ai drammi più recenti che coinvolgono israeliani e palestinesi.
È un quadro in cui s’intrecciano e convivono violenza e tenerezza, dramma e ironia. L’attore – narratore dipinge questo mosaico variegato mescolando il dolore all’indignazione, la speranza alla disperazione. Ne nasce un flusso di emozioni in cui rabbia si alterna armoniosamente al sorriso, il tutto sulla falsariga di un realismo che convive con la speranza di un mondo migliore e più fraterno. Quest’autore non è nuovo ad operazioni in cui si focalizzano i destini degli ultimi (ebrei, zingari, migranti) e si ripercorrono le strade delle culture mediterranee, la loro forza civilizzatrice e i drammi che le hanno segnate. Questa volta è accompagnato da tre musicisti che formano il complesso dei Radiodervish (Nabil Salameh, Michele Lobaccaro e Alessandro Pipino) la cui musica si salda perfettamente ai ritmi e all’intensità delle parole dell’attore – narratore. È uno spettacolo forte e commuovente che va ben oltre la presenza scenica per diventare atto di testimonianza e speranza in un orizzonte di pace e diversità, di tolleranza e contrati che si arricchiscono reciprocamente anziché funzionare come detonatori di conflitti sanguinari e immotivati. Ancora una volta Pino Petruzzelli dimostra di non essere un cantore neutrale e disinteressato, ma un teatrante che non teme di farsi coinvolgere nelle lacerazioni del più recente passato e dell’oscuro presente.