Un disertore di una guerra non meglio precisata è catturato, accecato, gli sono state mozzate le mani ed è affidato, nell’attesa dell’esecuzione, alla sorveglianza di una guardiana che prova pietà per lui. Il quadro è quello di un mondo in cui i combattenti hanno affidato le sorte dei prigionieri ad un esercito di bambini che si riveleranno assai più crudeli degli adulti.
Il prigioniero e la custode passano alcune ore assieme nell’attesa dell’alba quando i piccoli, capricciosi e crudeli, ritorneranno a prendere il detenuto. Sono ore in cui i due si abbandonano a ricordi e a meditazioni sulla sua vita passata. Come scrive il programma di scena il Disertore non perde lucidità né ironia, ma è consapevole di non aver più speranze. Come un Edipo ormai vecchio, che si aggira sperso a Colono; come un Lear cieco e impazzito e ricondotto alla mansuetudine; oppure ancora come un Ham beckettiano, questo Disertore si lascia andare a un bilancio della propria esistenza. È un’immagine di un mondo prossimo venturo dominato dalla violenza e dall’insensatezza. Vittorio Franceschi, autore e interprete del copione, ha scritto queste pagine nel 2008 che ora sono state messe in scena per la regia di Marco Sciaccaluga e la produzione dello Stabile di Genova ed Emilia Romagna Teatro. È un testo che vira decisamente al pessimismo e che, attraverso un’aria cupa e crudele prefigura un mondo in cui la disumanità la fa da padrona e i bambini, solitamente assunti a esempio d’innocenza e bontà, mostrano un volto ancor più feroce di quello degli adulti. Da un punto di vista della recitazione Vittorio Franceschi e Laura Curino raggiungono i massimi livelli della loro arte e giustificano, da soli, la validità della proposta.