L'Antologia di Spoon River (Spoon River Anthology) è una raccolta di poesie che lo statunitense Edgar Lee Masters (1868 – 1950) pubblicò tra il 1914 e il 1915 sul quotidiano Mirror di St. Louis. Ogni testo racconta, in forma di epitaffio, la vita di una delle persone sepolte nel cimitero di un immaginario paesino del Midwest in modo da costruire una sorta di quadro complessivo dei dannati della terra che hanno vissuto in quella parte del mondo.
Nel nostro paese il volume, fatto conoscere da Cesare Pavese e tradotto da Fernanda Pivano, non ebbe vita facile: erano gli anni del fascismo e qualsiasi cosa arrivasse dagli Stati Uniti era di per se sospetta. Nel 1971 Fabrizio De André trasse un disco, Non al denaro, non all'amore né al cielo, da alcune poesie contenute in questo testo. Giorgio Gallione, in veste di regista e drammaturgo, ha avuto la bella idea di rimettere assieme libro e canzoni in uno spettacolo che, forse, è il migliore fra quelli che ha firmato sinora. Coniugando canto, danza, poesia e recitazione ha costruito una proposta che si segnala sin dai primi momenti per forza e novità con il palcoscenico trasformato in platea e la sala diventata palcoscenico su cui una decina di attori e danzatori si muovono in una sorta di bosco evocato da alcuni rami di alberi che servono da barriere, ostacoli e candelabri naturali. Ne nasce uno spettacolo denso di poeticità e ricco di trovate espressive che, usando scarse risorse, arriva a invenzioni mirabili. Il tutto sulla scia di un modo altissimo di fare teatro e qui, per esempio, viene alla mente il nome di Lele Luzzati con il suo modo creare in cui la fantasia e l’inventiva facevano premio sulla maestosità scenografica. In questo caso il regista, percorrendo ancora una volta la strada della semplicità economica, propone uno spettacolo in cui l’invenzione e la poeticità emergono con forza confermando questo teatrante come uno dei maggiori di cui disponga la scena contemporanea.