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La locandiera ··

ImageLa locandiera è un pilastro della produzione teatrale di Carlo Goldoni (1707 – 1793). Questo copione è stato messo in scena, per la prima volta, nel 1752 e rappresenta uno dei momenti più alti della poetica di questo autore del quale rappresenta in modo mirabile quel realismo psicologico che, di lì a poco, troverà nella Trilogia della Villeggiatura (Le smanie per la villeggiatura, Le avventure della villeggiatura, Il ritorno dalla villeggiatura), uno dei punti più alti. Giancarlo Corbelli rovescia questi indirizzi, proponendo una versione segnata da esagerazioni grottesche, nei costumi e nella recitazione, e da un’atmosfera cupa che si sposa con una misoginia dai toni funerei.

La storia della bella Mirandolina - padrona di una locanda in cui alloggiano un nobile spiantato, un ricco di fresco lignaggio e un Cavaliere che detesta le donne - e le trame amorose che s’intrecciano intorno a lei, diventano un rito funereo da cui emerge un forte disprezzo – paura per la donna che usa la propria femminilità per guadagnarsi uno spazio vitale all’interno di una società oppressivo – maschilista. Il regista, più che denunciare i pericoli della mascolinizzazione delle donne in carriera, sviluppa un discorso che sbocca in una condanna, priva d’aggettivi, del femminile. La recitazione alterna lentezze e pause non sempre motivate, i costumi sono volutamente esasperati in direzione farsesca, l’impianto scenico è a tratti funzionale, ma soffre di una predilezione per il buio che rende ancor più pesante l’atmosfera in cui naviga l’intera operazione. Nella sostanza un’occasione mancata.La storia della bella Mirandolina - padrona di una locanda in cui alloggiano un nobile spiantato, un ricco di fresco lignaggio e un Cavaliere che detesta le donne - e le trame amorose che s’intrecciano intorno a lei, diventano un rito funereo da cui emerge un forte disprezzo – paura per la donna che usa la propria femminilità per guadagnarsi uno spazio vitale all’interno di una società oppressivo – maschilista. Il regista, più che denunciare i pericoli della mascolinizzazione delle donne in carriera, sviluppa un discorso che sbocca in una condanna, priva d’aggettivi, del femminile. La recitazione alterna lentezze e pause non sempre motivate, i costumi sono volutamente esasperati in direzione farsesca, l’impianto scenico è a tratti funzionale, ma soffre di una predilezione per il buio che rende ancor più pesante l’atmosfera in cui naviga l’intera operazione. Nella sostanza un’occasione mancata.

valutazione: 1 23 4 5

Testo: Carlo Goldoni (1707 – 1793); regia: Giancarlo Corbelli; scene: Alessandro Ciammarughi: luci: Robert John Resteghini; interpreti: Mscia Musy, Francesco Biscione, Paolo Musio, Massimo Cimaglia, Alessandra Celi,  Federica De Cola, Andrea Benedet, Antonio Fermi, Vincenzo Rollo, Pippo Sottile, Antonio Bugio. 

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