Pippo Delbono (1959) è una delle voci più originali e importanti del teatro di ricerca e avanguardia. Legato all’esperienza di Pina Bausch e al bagaglio culturale di Piar Paolo Pasolini (1922 – 1975), questo teatrante ha trovato negli umili e nei reietti il terreno fertile per sviluppare la sua creatività.
Vangelo è nato dalla collaborazione fra vari enti, far cui il Teatro di Zagabria e quello di Bologna, uno spettacolo fortemente legato al film omonimo presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2016. Nel testo s’intrecciano vari temi dal una lettura originale dei libri base del cristianesimo, alle esperienze autobiografiche (la figura della madre, l’Aids, la malattia agli occhi, il manicomio da cui ha sottratto l’ultraottantenne Bobò, amico e marchio del nodo di fare teatro di questo autore), allo spirito sociale che porta l’attore e regista a individuare nei migranti le vittime di un mondo profondamente ingiusto. Impossibile descrivere quest’amalgama come si fa solitamente con gli spettacoli teatrali, visto che è fatta di momenti diversi in cui attori professionisti s’incontrano con figura prese dalla strada, il tutto intercalato dalla lettura che Pippo Delbono fa di alcuni brani del Vangelo. Ci sono momenti di grande bellezza come la parte che avanza quasi sino a travolgere il protagonista a simboleggiare l’ineluttabilità della morte o la figura della donna crocifissa a immagine di una condizione umiliata e sfruttata da sempre. In poche parole questo autore ci mostra quanto sia affascinante e ricco il mondo del teatro, quanto grandi siano le possibilità di cui ancora dispone. Un Vangelo che va oltre la rappresentazione scenica per diventare lezione di vita e ammonimento su mediocrità e ipocrisia che segnano il nostro quotidiano.