Il casellante è il titolo di un romanzo di Andrea Camilleri (1925) pubblicato nel 2008 dell’editore Sellerio e ambientato nella Sicilia degli anni quaranta, dall’entrata in guerra voluta dal regime fascista sino allo sbarco degli americani tre anni dopo.
E’ la storia di Maruzza Musumeci, violentata da una casellante provvisorio che occupa l’edificio prossimo a quello in cui lei vive con il marito, perde il figlio che porta in grembo, rimane sterile per le botte subite e decide di trasformarsi in albero per dare finalmente frutti. Il racconto intreccia ricordi del passato, ironia sulla pseudo grandezza imposta dal regime, ricordi mitologici (Dafne che diventa alloro per sfuggire alle brame di Apollo). Giuseppe Dipasquale (1963) ha trasferito sul palcoscenico le pagine di questo romanzo con l’assistenza dello scrittore e, soprattutto, con la complicità di un gruppo di attori fra cui spiccano Moni Ovadia e Valeria Contadino, che è anche moglie del regista. Ne nasce una sorta di musical armonioso e bello in cui i momenti canori s’intrecciano armoniosamente con le parti recitate dando vita ad un quadro storico e umano di grande forza. La storia e il dolore della protagonista diventano così sia la traccia di un calvario che va oltre l’esistenza della donna per configurare la sorte di milioni di altri esseri unami sia identificano un’epoca triste e buia in cui l’arbitrio va a braccetto con un’esteriorità di cartapesta. L’aver saputo legare questi elementi, personali e storici, in un unico racconto è uno dei pregi di uno spettacolo in cui la pagina scritta non è strumentalizzata né semplicemente illustrata, ma diventa materia viva per un’opera autonoma e originalmente. In altre parole un’occasione per verificare come la trasposizione teatrale di un romanzo possa e debba essere qualche cosa di indipendente dalla pagina da cui trae spunto.