Anton Pavlovič Čechov (1860 – 1904) scrisse Il gabbiano (Čajka) nel 1895, un dramma in 4 atti rappresentato per la prima volta al Teatro Aleksandrinskij di Pietroburgo nel 1896 ove ottenne un insuccesso clamoroso. L’autore stesso, che sedeva in platea, abbandono la sala e si rifugiò dietro le quinte, mentre l’attrice che impersonava Nora, Vera Fëdorovna Komissarževskaja (1864 – 1910), perse la voce causa le reazioni del pubblico.
Due anni dopo il testo fu ripreso a Mosca, con alcune modifiche, da Konstantin Sergeevič Stanislavskij (1863 – 1938) e Vladimir Nemirovič Dančenko (1858 – 1943), che avevano fondato a Mosca il Teatro d'Arte e questa volta ottenne un grande successo. Marco Sciaccaluga (1953) nel riproporre questo copione, per una produzione del Teatro Stabile di Genova, ha utilizzato una versione italiana di Danilo Macrì, specialista di cultura russa dell’ottocento, che ripristina i non pochi tagli fatti nel tempo sull’opera originale sia per rispondere ai diktat della censura, sia per modifiche decise da chi mise in scena questo testo. Il risultato è una versione filologia dell’opera sorretta su una scenografia bella e funzionale e da un parco d’attori bravi quanto efficaci. La storia, ambientata in una tenuta di campagna, è quella di una famiglia borghese che ruota attorno a un’attrice famosa e tirchia che ha trascurato il figlio per la compagnia di uno scrittore alla moda, vanesio e con il debole per una giovane vicina, figlia di un ricco possidente. Il dramma ruota attorno al rapporto fra la donna e il giovane che ha grandi doti di drammaturgo, ma che la madre mette costantemente da parte, oltre a negargli persino un vestito nuovo. Attorno si muovono vari altri personaggi che vanno da un maestro della scuola del villaggio, ossessionato dalla mancanza di soldi, a un fattore, ex militare corpulento quanto dispotico, dal fratello della padrona di casa al dottore del circondario, dalla moglie fedifraga del fattore a sua figlia. La ricostruzione scenica è perfetta, lo spettacolo scorre senza un momento di noia nonostante le oltre tre ore di rappresentazione. In poche parole un esempio di teatro segnato da alta professionalità e una proposta che induce a riflettere ancor più sui meriti di un teatrante davvero in anticipo sui tempi.