Il prezzo (The Price, 1968) è il penultimo copione scritto da Arthur Miller (1915 – 2005) e non era stato mai rappresentato in Italia da una compagnia teatrale di cartello, lacuna ora colmata da questa edizione diretta da Massimo Popolizio, interpretata dallo stesso regista con Umberto Orsini, Alvia Reale e Elia Schilton e basata su versione e traduzione di Masolino d’Amico.
Come si legge nel programma di scena: sedici anni dopo la crisi del ’29, due fratelli si ritrovano per sgomberare la casa del padre e, per far gli oggetti accumulati dal genitore ricorrendo alla consulenza di un vecchio perito ebreo. Quest’ultimo ha la funzione di una sorta di coro che commenta ciò che accade e lo riconduce alla realtà del mondo. L’incontro è l’occasione per far esplodere rancori, incomprensioni, per svelare rabbie e conflitti sepolti nel tempo. E’ il classico testo di parola in cui la bravura degli attori conta quasi più dei fatti citati. Va detto subito che, nonostante i quasi sessant’anni trascorsi dalla prima presentazione il testo conserva quasi inalterata la forza di testimonianza su un’America che alterna sogni a rovinose cadute, speranze di successo a terribili delusioni. In questo Arthur Miller si conferma uno dei più acuti osservatori della realtà culturale e morale di un paese in cui quasi ogni cosa è misurata o misurabile con il denaro. La regia ha buon gioco nel far leva sul gioco degli attori, ad iniziare dall’ottantatreenne Umberto Orsini che non arretra di un millimetro davanti ad una prestazione che gli richiede anche di cimentarsi – nel finale – in momenti di danza. In altre parole uno spettacolo di ottima fattura che sposa un’idea del teatro, forse un po’ antiquata, ma ricca di spunti attuali.