L’ateniese Sofocle (496 a.C. – 406 a.C.) scrisse Edipo Re fra il 429 e il 425 a.C. a cui seguì una ventina d’anni dopo Edipo a Colono (406 a.C.) rappresentata postuma fra il 401 e il 405 a.C. I due testi raccontano la triste storia, da cui Sigismund Freud (1856 – 1939) prese spunto per individuare il noto complesso, del re di Tebe che, inconsapevole, uccise il padre, ne sposò la vedova Giocasta e da lei generò figlie e figli.
Una volta scoperta l’orrenda verità di accecò mentre la moglie si suicidò impiccandosi. Il secondo testo racconta di come ex monarca arrivi a Colono (un sobborgo di Atene in cui era nato lo stesso Sofocle) mendico, sorretto dalla figlia Antigone, presto raggiunta dall’altra figlia Ismene, che ne guida i passi, trovi ospitalità presso in buon re Teseo e muoia scomparendo in un bosco vicino alla città, sacro alle Eumenidi, per volontà degli dei. Glauco Mauri e Roberto Sturno hanno avuto l’idea di riunire questi due testi in un unico spettacolo affidando la regia dei due momenti, il primo, a Andrea Baracco che ha scelto una messa in scena scura e buia al limite della comprensione, il secondo allo stesso Glauco Mauri che, invece, ha proposto un’immagine luminosa. Ne è nata una proposta sin troppo corposa, oltre due ore e mezza di rappresentazione, condotta senza originalità d’approccio, ma guardano più alla recitazione ottocentesca che ad una visione originale e moderna dei testi. Il risultato è un pregevole teatro d’antan, ottimo nella costruzione scenica ma dotata di un bassissimo livello di novità. Il tipo di proposta che contiene ben poche ragioni d’attrazione per il pubblico giovane e persino per quello più maturo. Rimane il pregio dello sforzo interpretativo di Glauco Mauri che, a 86 anni suonati, riesce ancora, seppur con qualche difficoltà, a portare avanti ogni sera un impegno recitativo gravoso.