Il compositore, regista e cantautore Andrea Liberovici ha preso pretesto dal Faust di Johann Wolfgang Goethe (1749 – 1832) per sviluppare uno spettacolo in musica che rientra in pieno nelle produzioni sperimentali. Come aveva già fatto con Urfaust, sempre dall’amato scrittore e poeta tedesco, anche per Faust’s Box – A transdisciplinary journey il riferimento al testo classico è un puro pretesto per sviluppare un discorso sulla solitudine dell’uomo le rivoluzioni indotte dalla modernità e dal loro far dilagare ancor più la disperazione dell’essere umano davanti all’inspiegabilità dell’universo.
Lo spettacolo, di non facile approccio, ruota attorno a questo senso di inanità di ogni sforzo umano per dare senso compiuto, magari anche solo vagamente compiuto, alla vita davanti all’insensatezza del mondo. E’ un discorso che trova giustificazione e supporto nella musica d’avanguardia che accompagna i magnifici vocalizzi della cantante statunitense Helga Davis la cui voce costituisce un vero e proprio legame fra il tessuto sperimentale dello spartito e le orini jazziste del musicista. Ne nasce una proposta non immediatamente decifrabile, ma ricca di suggestioni che riesce ad ammagliare lo spettatore anche oltre la comprensione più immediata.