Agatha Christie scrisse Dieci piccoli indiani nel 1939 e ne ricavò una versione per il palcoscenico nel 1943. In seguito questo testo ebbe una dozzina di versioni cinematografiche, di cui una porno, e alcune edizioni per la televisione.
E’, in altre parole, un classico della letteratura gialla e del palcoscenico che ritorna periodicamente sulla scena. La versione che ne propone il regista catalano Ricard Reguant presenta un finale che ripristina la conclusione del libro, modificando la chiusura scelta dalla stessa autrice che risparmiò la vita a due fra i protagonisti con l’intenzione di rendere il testo meno drammatico e più accettabile per il pubblico. Dieci persone colpevoli di vari crimini – si va dall’uccisione di un rivale in amore alla morte di una paziente causa l’ubriachezza del chirurgo che lo sta operando – che ha legge non ha potuto punire, si ritrovano in una villa sontuosa collocata su un’isola deserta invitati da un misterioso U.N. Owen che nessuno di loro conosce personalmente ma dal quale tutti hanno ricevuto una lettera o un telegramma. Da subito gli ospiti iniziano a morire, chi avvelenato chi pugnalato o colpito con un’ascia. Solo alla fine si scoprirà che il misterioso ospite altri non è se non uno degli invitati che ha voluto fare giustizia sommaria. Mettere mano a un testo molto conosciuto richiede una intuizione del tutto particolare o il rispetto totale del copione. Il regista spagnolo sceglie la seconda strada, tranne che per il finale, firmando uno spettacolo di grande professionalità realizzato con una nutrita pattuglia di attori dotati in maggioranza di una lunga esperienza di palcoscenico che aggiungono professionalità e piacevolezza ad una proposta per il resto non brillante per quanto concerne originalità dell’approccio o storicizzazione del testo.