Al teatro Garage Vanni Valenza ha presentato - interpreti Alessandra Gessa, Giorgio Ansaldo e Giovanni Felice – uno scherzo teatrale privo di qualsiasi specifica d’autore, intitolato Cin Cin dietro il quale si cela un importante drammaturgo mitteleuropeo. Questo copione solitamente viene presentato assieme ad altri due – L’udienza e La firma – che sintetizzano una fase particolare della vita recente in un paese dell’est europeo.
Sono testi scritti e rappresentati nel 1978 attorno allo stesso personaggio: Ferdinand Vanek. Nel testo in questione questi va a trovare una coppia di amici che tentano di convincerlo quanto meravigliosa sia la loro vita piccolo borghese fatta di preoccupazioni per l’arredamento, pranzi originali, sesso regolare, possesso di dischi comperati all’estero (si noti che all’epoca i viaggi fuori dai confini nazionali erano un raro privilegio). Tutto il contrario dell’esistenza condotta dall’ospite che poco si cura del cibo, ancor meno dell’arredamento e fa sesso quando ne ha voglia. Dietro queste apparenti banalità c’è lo scontro fra due concezioni opposte della vita, vista come involucro luccicante o quale sconto continuo con tutto ciò che non va. E’ un testo molto bello cui la regia rende omaggio con una messa in scena in cui un interno borghese, del tutto banale, è messo in contrasto con le recitazioni dei due coniugi al limite della schizofrenia. Uno iato dentro – fori, o, se si preferisce, pubblico – privato che ben sintetizza il clima di un momento storico in cui la verità ufficiale faceva premio sulla realtà tout court. Il merito maggiore del regista è nel non avere spinto sulle spiegazioni ma lasciando la parola al realismo delle cose. Una scelta che, se asseconda le impostazioni dell’autore, da ancor maggior forza al copione.