La cucina (The Kitchen, 1957), del prolifico drammaturgo inglese Arnold Wesker (1932 – 2016), è uno dei testi teatrali che più hanno animato il dibattito politico – culturale degli anni sessanta, in modo particolare dopo la pubblicazione in volume del copione nel 1965 per i tipi dell’editore Einaudi. Partendo dalle esperienze dell’autore come sguattero, aiuto cuoco e pasticcere, vi si racconta una giornata nella cucina di un grande albergo londinese.
Questo piccolo universo è assunto a metafora di un’intera società. Ci sono i conflitti razziali, quelli di potere, l’ordinamento classista (la volgarità al limite del malavitoso del proprietario non è priva di significato) il tutto intrecciato con alcune storie personali. Il testo è stato rappresentato poche volte in Italia soprattutto a causa del grande numero di attori che richiede (24 nell’edizione di cui stiamo riferendo). C’è subito da notare come questo testo non abbia perso attualità e freschezza con il passare degli anni; nel caso specifico, grazie alla regia, davvero straordinaria, di Valerio Binasco che ha saputo trarre gli umori più profondi del copione. Liti, gelosie, scontri - anche fisici - fra cuochi, e sguatteri portano sul palcoscenico i drammi e le contraddizioni di un mondo che sembra aver attraversato gli anni senza mutare. C’è la vicenda, appena accennata, ma significativa, della cameriera costretta a lasciare a casa la figlia per guadagnarsi un amaro tozzo di pane. C’è la storia sentimentale fra un cuoco e un’altra cameriera, vicenda perennemente in bilico fra fascino della trasgressione e tranquillità dell’esistenza ordinaria. Ci sono gli scontri venati di razzismo tra serbi – all’epoca iugoslavi – e tedeschi non ancora signori d’Europa, ma ancora seganti dall’esito della Seconda Guerra Mondiale. E’ un quadro di grande forza e attualità che la regia rende contemporaneo e vivo manovrando una cospicua pattuglia di allievi ed ex allievi della scuola di recitazione dello stabile. In poche parole un bello spettacolo da non perdere.