Quattro donne, ospiti di un ospedale psichiatrico criminale e ricoverate per aver ucciso i figli, convivono in una stanza: si scontrano, litigano, arrivano quasi alle mani, si riconciliano. Questo lo scenario del libro From Medea di Grazia Verasani, tradotto in copione teatrale con l’aggiunta, nel titolo, di Maternity Blues, la sindrome che colpisce un certo numero di donne pochi giorni dopo il parto ed è caratterizzata da ansia, pianto, stanchezza, ipersensibilità, instabilità dell’umore, tristezza, confusione. .
Lo spettacolo - per la regia di Eliana Arvigo che è ne è anche interprete assieme ad Amanda Sandrelli, Elodie Treccani e Xhilda Lapardhaja – si sviluppa attorno a una scena unica che dovrebbe rappresentare lo stanzone in cui le quattro infanticide sono costrette a convivere. il dipanarsi dei dialoghi mette in luce le rispettive psicologie, paure, insicurezze, aggressività offrendo al pubblico un ventaglio variegato della personalità di queste recluse che, formalmente, hanno commesso lo stesso crimine. Un delitto che affonda le radici nella storia del teatro e dell’umanità, come dimostra la citata Medea. E’ un testo di teatro di parola in cui l’abilità delle interpreti conta forse più dello scorrere dei dialoghi e del dispiegarsi di ipotesi in cui non manca una certa letterarietà. Come dire che quanto è detto conta più di ciò che è rappresentato, con la conseguenza che aleggia sulla proposta una sensazione di materiale costruito a tavolino che presta il fianco a un’artificiosità che rischia di compromettere l’intera operazione. In questo modo tutto finisce per prestare il fianco a un’insincerità diffusa che inquina buona parte dello spessore della proposta.