Lo scrittore d’origine ungherese, poi naturalizzato britannico, Arthur Koestler (1905 – 1983) ha scritto Buio a mezzogiorno (Darkness at Noon) nel 1941. Il libro fu pubblicato a Londra e New York, diventando quasi subito uno dei testi d’accusa di maggior forza della dittatura staliniana. Laura Sicignano ha adattato questo romanzo per il teatro con un’operazione coraggiosa e ricca di spunti scenici molto efficaci.
Il racconto, ambientato nel 1938, è quello del calvario di un personaggio di spicco del regime - il ricordo va ai processi e alle esecuzioni del gruppo capeggiato da Nikolaj Ivanovič Bukharin (1888 – 1938) accusato di essersi opposto al dittatore – imprigionato, torturato e giustiziato con la falsa accusa di aver progettato un attentato contro Iosif Vissarionovič Džugašvili (1879 – 1953) detto Stalin (Acciaio). Il rivoluzionario caduto in disgrazia ricorda il passato in cui lui stesso aveva mandato a morte altri compagni colpevoli di non essersi prontamente adeguati alle direttive del Partito. E’ proprio l’apparato politico, visto come una chiesa che divora i sui figli, ad essere messo sotto accusa dalla regista che cosparge la scena di simboli religiosi (la croce slava disegnata sotto il ritratto del dittatore) e atteggia gli attori, tutti bravissimi ad iniziare da Aldo Ottobrino che veste i panni del protagonista, in pose da crocefissione. Una scelta accompagnata all’utilizzo dell’Internazionale (canto rivoluzionario e inno dell’URSS sino al 1991) quale commento al martirio di coloro che avevano creduto con purezza d’animo nello spirito rivoluzionario. Sarebbe ingenuo e ingiusto chiedere ad uno spettacolo teatrale, cosi come a un film o a un quadro, di restituire allo spettatore la complessità di momenti che, forse, neppure un corposo saggio storico riuscirebbe a rappresentare nella loro totalità e complessità. Tuttavia, lo spettacolo diretto da Laura Sicignano, una delle maggiori registe di cui disponga la scena italiana, lascia inevasa una domanda fondamentale: come è stato possibile che uomini di grande coraggio e abnegazione abbiano scelto l’autoannientamento davanti ad una dittatura criminale? In verità e con strumenti diversi e più semplici qualche artista ha tentato di dare una risposta. Citiamo, a solo titolo d’esempio, la sequenza di La polvere del tempo (I skoni tou chronou, 2009) di Theo Angelopoulos (1935 – 2012) in cui una folla muta assiste all’annuncio della morte del dittatore mescolando dolore e sollievo. Ecco, è questo misto di orrore e speranza che manca parzialmente in uno spettacolo per altro bello e imperdibile.