Lo scenario di Gyula – Una piccola storia d’amore è quello di un’Ungheria - lo testimoniano i nomi e la citazione dei fiorini quale moneta corrente – in un tempo imprecisato, vagamente collocabile fra gli ultimi aneliti dell’Unione Sovietica e la riscossa nazionale post 1989.
Qui, in un paesino che sopravvive solo grazie a una segheria, costantemente sull’orlo della chiusura, si ritrova una schiera di personaggi che vanno da un paio di operai grossolani a un professore di violino reso disoccupato dalla chiusura della locale orchestra sinfonica. Al centro di questo mondo variegatamente proletario c’è Gyula (interpretato dall’attrice Ilaria Falini), un giovane diversamente abile che la madre cura amorevolmente toccando il cielo con un dito quando il gestore della fabbrica lo sceglie per contare i tronchi in lavorazione dopo che il proprietario, un russo forse appartenente all’oligarchia succeduta alla caduta del regime, avanza il dubbio, ampliamente surrogato dai fatti, che gli operai lo derubino di parte del legame. E’ un testo corale scritto e diretto da Fulvio Pepe proveniente, come molti attori presenti sulla scena, dalla Scuola dello Stabile di Genova. Un copione che alterna furbescamente situazioni e personaggi drammatici a battute comiche, ma che manca di una precisa ragione d’essere. Non si comprende, ad esempio, il motivo dell’ambientazione in un paese dell’ex – est Europa, né la ragione di un’ossessiva ricerca di un equilibrio fra drammaticità e ironia, tragedia e leggerezza. Una materia che potrebbe essere densa e ricca di spunti di riflessione, ma che qui si riduce a una rappresentazione pseudo – realista che non va oltre un verismo di facciata, più teatrale che reale.