Nello scrivere, nel 2010, Due donne che ballano il drammaturgo catalano Josep Maria Benet i Jornet ha tenuto presente ironia, rabbia esistenziale e disperazione. Una donna anziana e una più giovane incaricata di farle da badante si scontrano, offendono, scoprono la tenerezza di essere femmine emarginate afflitte da problemi quasi simili, decidono di suicidarsi assieme, quasi in allegria.
Il quadro che disegnano è quello di una società in cui non c’è posto per anziani ed emarginati, quasi che siano scarti di lavorazione di una macchina roboante e invasiva che conosce solo gioventù e produttività. In questa condizione non c’è spazio per l’anziana che si è data come scopo finale della vita quello di collezionare fumetti di basso livello e la ragazza attempata passata attraverso un dramma personale fatto di morte e carcere. Maria Paiato e Arianna Scommegna partecipano a questa saga di abbandono e marginalità economica con un’intensità ragguardevole offrendo alla regia di Veronica Cruciani un punto d’appoggio essenziale per uno sguardo che trae dalla normalità il dolore, dalla quotidianità un forte atto d’accusa nei confronti di una meccanismo sociale che conosce solo successo, denaro e utilità. E’ uno spettacolo di prim’ordine, forse solo un po’ troppo lungo, in cui si sviscerano e mettono in piazza il dolore e la rabbia, la ferocia dell’utilitarismo economico e il cinismo che ha distrutto ogni barlume di rapporto familiare. La scena è unica, un modesto appartamento al limite dell’indigenza, e tra queste mura, vecchie e cadenti, si celebra un dramma dal respiro ben più ampio della semplice storia individuale.