Il drammaturgo greco Eschilo (525 a.C. – 456 a.C.) scrisse le tre tragedie che compongono l’Orestea (Agamennone, Le Coefore, Le Eumenidi) nel 458 a.C. vincendo con esse le Grandi Dionisie di quell’anno. E’ il solo corpus in tre parti giunto sino a noi e spesso messo in scena, ma in maniera separata.
Luca De Fusco ha accettato la sfida di riunire queste tre parti in uno spettacolo di lunghezza inusuale, poco meno di quattro ore, scegliendo l’impervia strada di dirigere ciascuno dei testi con stile completamente diverso rispetto agli altri. L’intero discorso parte dal ritorno di Agamennone, re di Argo, dalla guerra di Troia dopo il lungo assedio alla città dell’Asia Minore. In patria è accolto con grande (apparente) affetto e stima dalla moglie Clitennestra che, in realtà, lo ha tradito durante l’assenza con Egisto. I due fedifraghi organizzano l’assassinio del monarca e ne usurpano il trono. Dieci anni dopo suo figlio Oreste ritorna ad Argo e si vendica uccidendo madre e amante. Nella terza tragedia si racconta la persecuzione del matricida da parte delle Erinni, dette anche Eumenidi (Le benevole) e il processo a cui l’assassino è sottoposto alla presenza di due dei: Apollo e Atena. Il dibattito ruota attorno al quesito se sia lecito uccidere la madre per punirla di un grave crimine commesso in precedenza. Il verdetto sarà di parità, ma il voto della dea interverrà per far pendere la bilancia della giustizia in favore dell’omicida. La regia ha rispettato scrupolosamente i testi di partenza, ma li ha rovesciati dall’interno con una messa in scena e una scenografia che muovono da una lettura quanto mai classica procedendo sino ad una prospettiva ipermoderna in cui dominano, video, costumi che paiono usciti dall’arte d’avanguardia e moduli recitativi di grande attualità. Si arriva sino, nella seconda parte, a citare i crimini commessi dall’ISIS nei confronti del patrimonio artistico con l’immagine di una statua che si sgretola progressivamente. E’ un’operazione teatrale di grande respiro e di vaste dimensioni sceniche che rende moderni e attuali temi che affondano le radici in un’era precristiana. Una gruppo di attori di grande spessore - in luce Elisabetta Pozzi, Angela Pagano e Mariano Rigillo – supporta una lettura intrigante quanto poche che riesce a rendere più che sopportabili le molte ore su cui la proposta si distende.