Minetti è un dramma scritto dall’austriaco Thomas Bernhard (1931-1989) nel 1976, rappresentato per la prima volta l’anno seguente e il cui titolo completo suona: Minetti. Ritratto di un artista da vecchio. Il debutto avvenne al Württembergischer Staatstheater di Stoccarda con regia di Claus Peymann e lo stesso Bernhard Minetti nel ruolo del protagonista.
Marco Sciaccaluga ripropone ora questo monologo – confessione di un anziano attore che da trent’anni si è autorecluso in provincia, dopo aver perso un processo intentatogli dai rappresentanti della città di Lubecca del cui teatro era direttore. Lui racconta che la causa era nata dal suo rifiuto di mettere in scena i testi classici che piacevano ai responsabili della città, mentre lui – tranne il personaggio di Re Lear dall’omonimo dramma di William Shakespeare (1564 –1616) – era giunto alla conclusione che nulla d’altro valeva l’onore di una rappresentazione. E’ una riflessione sul ruolo dell’arte scenica e la funzione dell’attore in cui s’intravvedono momenti molto moderni legati ai dubbi sulla necessità della creazione artistica. Nella notte di capodanno, a Dresda in un albergo modesto, arriva il vecchio attore richiamato da un telegramma del direttore del teatro locale che lo vorrebbe in scena, ancora un volta, nel ruolo del monarca shakespeariano. Realtà o immaginazione del teatrante, la cosa con è chiara mentre assume connotati ben più precisi il contrasto fra questo mesto personaggio, che si trascina dietro come unica ricchezza una grande valigia con le vestigia di un tempo, e il mondo giovanile e apparentemente ilare che lo circonda. Falsamente festoso perché bastano, fra gli altri, su costumi ispirati a L’arancia Meccanica (A Clockwork Orange, 1971) di Stanley Kubrick e questo basta a mettere in discussione la gioiosità dell’atmosfera e trasformarla in universo incubico. Il bilancio della proposta vede al primo posto la stupenda prova offerta da Eros Pagni, che qui raggiunge l’apice della carriera.