Prosper Mérimée (1803 – 1870) scrisse il racconto Carmen nel 1845, strutturandolo in quattro parti e presentandolo come una cronaca di quanto aveva vissuto durante un viaggio in Spagna nel 1830 che lo portò a contatto di gitani e toreri. In realtà questo testo divenne famoso solo nel solo 1875, quando Georges Bizet (1838 – 1875) lo utilizzò come libretto, riscritto e rielaborato con Ludovic Halévy (1834 – 1908) e Henri Meilhac (1831 – 1897), per l’opera lirica oggi conosciuta in tutto il mondo.
Mario Martone ha adattato da Lacarmèn di Enzo Moscato uno spettacolo agile e originale in cui l’azione e i personaggi si spostano dalla Penisola Iberica alla Napoli dell’immediato dopoguerra, sostituendo gitani e tabaccaie con poliziotti e prostitute. Ne risulta un quadro animatissimo con la parte musicale magistralmente riadattata da Mario Tronco per l’Orchestra di Piazza Vittorio, alcuni dei cui musicisti in molte scene diventato anche attori. La storia è rispettata nella sostanza e mette in scena l’amore disperato del sottoufficiale degradato d’origini settentrionali Cosè per la bella Carmen, una folle passione che lo spinge a uccidere il rivale, tenente Zunica, e a essere gravemente ferito da un altro spasimante della donna. Rispetto al testo di partenza sono stati aggiunti vari personaggi e, soprattutto, cambia il finale in cui la protagonista non muore, ma rimane cieca (tutta la storia è raccontata da lei stessa in flash – back). La vera novità e maggiore originalità della proposta è nel recupero che la regia fa della tradizione partenopea, dalla sceneggiata sino alle canzoni neoromantiche, mantenendola saldamente legata alle fonti musicali originali. Ne nasce una proposta affascinante, coloratissima, scenograficamente agile nonostante la complessità di alcuni passaggi. Un’occasione da non perdere.