Cristian Ceresoli ha scritto e esso in scena La merda (The schit) nel 2012. Il primo successo lo ha colto al Festival di Edimburgo ove ha vinto vari premi andati a lui come scrittore e a Silvia Gallerano come interprete. Da quel momento è stata una lunga sequenza di riconoscimenti e successi.
Risultati dovuti, in prima istanza, sia alla sferzante scurrilità del titolo, sia al fatto che l’intero monologo è recitato da un’attrice completamente nuda. Se ci si fermasse a questo si perderebbe completamente il senso di un testo forte non solo per gli elementi mondani ma, e soprattutto, per la potenza delle parole. Lo spettatore, entrando in sala, ha subito un incontro inusuale: una attrice senza abiti, appollaiata su una piccola piattaforma borbotta in un microfono cantilene e frasi quasi indistinte. Progressivamente quel borbottio si trasforma in discorso coerente, memoria di una vita trascorsa in modo fallimentare fra la nostalgia del padre, a cui la legava un rapporto quasi incestuoso, e le umiliazioni di una ricerca, costantemente frustrata, di un successo televisivo. Un itinerario continuamente spezzato dalla brutalità di uomini che, oltre a favori sessuali, impongono anche umiliazioni schiaviste. Il tutto sino all’esplosione finale con il sogno di divorare ogni cosa e qualsiasi aggressore, espellerlo in forma di feci salvo poi ringurgitalo nuovamente. È un testo perfettamente equilibrato fra ironia e disperazione, anche se, alla lunga, è la seconda a dominare. Il programma di scena cita Pier Paolo Pasolini e la sua disperazione davanti ad una modernità che mercifica e tritura ogni cosa, ma un riferimento anco più puntuale va in direzione della denuncia di una società in cui non trovano più spazio i valori della cultura e dell’umanità. In questo lo spettacolo assume una forza e un’attualità grandissime.