L’infatuazione del Teatro della Tosse per il Sogno di una notte di mezza estate (A Midsummer Night's Dream, 1594-97) è ben nota a chi segue il lavoro di Emanuele Conte. La commedia era infatti già al centro di un fortunato spettacolo dell’aprile 2013, riproposto più volte e accolto con calore dal pubblico genovese. Lì i personaggi di William Shakespeare (1564 – 1616) si muovevano in un circo fantasmatico, coperti da un polveroso tendone-ragnatela sotto il quale il gioco di inganni amorosi si consumava in un’atmosfera onirica e rarefatta.
In Shakespeare Dream Musikabarett l’ambientazione si sposta invece nella Berlino anni Trenta, la nervosa metropoli dei locali notturni immortalata nei racconti di Christopher Isherwood (1904 – 1986) e successivamente nel musical Cabaret (1966) di John Kander e Fred Ebb. Proprio quest’ultimo celebre show di Broadway, trasposto al cinema nel 1972 da Bob Fosse (1927 – 1987), ha evidentemente offerto più di una suggestione al drammaturgo Amedeo Romeo e al regista-autore. Appena entrato in sala lo spettatore si ritrova qui nell’atmosfera fumosa di un night, con il palco ingombro di tavolini, il pianoforte e un sipario su cui scorrono le luci dei riflettori. A fare gli onori di casa è Puck (Pietro Fabbri), con tuba e bastone come il Presentatore interpretato sul grande schermo da Joel Grey. Seguono i vari personaggi del testo shakespeariano, invecchiati e stanchi, ognuno con la sua storia e il suo camuffamento berlinese. Titania (Rita Falcone), ad esempio, è una sorta di Marlene Dietrich decaduta, mentre Oberon (Enrico Campanati) si aggira inquieto con un’uniforme bruna da SA. In questo locale della nostalgia e dell’amore perduto, c’è poi chi recita i Sonetti del Bardo, chi sogna di diventare attore, chi canta romanze d’amore imbracciando la chitarra elettrica, chi rumina e affoga nei rimpianti e chi tenta con scarso successo numeri da giocoliere, sotto gli occhi di due anziane signore (Nicholas Brandon e Bruno Cereseto en travesti). Non può infine mancare la magia, con un ipnotizzatore (Alessandro Bergallo) che trascina in scena uomini e donne seduti in platea per ricreare buffonescamente la drammaticissima storia di Piramo e Tisbe. Il pubblico è chiamato dunque non solo a travestirsi con costumi d’epoca subito prima dello spettacolo, ma anche a far parte dell’azione, a riversare imprevedibilità e caos in un contenitore drammaturgico strutturato con ingegno. Dalla convivenza di precisione coreografica e improvvisazione e dalla fusione di due immaginari così diversi scaturisce così un indefinibile musical letterario (canzoni di Federico Sirianni e Viviana Strambelli) che trae forza proprio dall’agile alternanza di registri, dalla sua natura ibrida. Notevole il contributo del cast.