La prima cosa da notare è che Amadeus, del drammaturgo e sceneggiatore inglese Peter Shaffer (1926), ispirato alla piccola tragedia Mozart e Salieri (1830) di Aleksandr Sergeevič Puškin (1799 – 1837) e tradotto in film nel 1984 da Miloš Forman (1932), più che alla figura del grande musicista Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791) guarda a quella del antagonista e presunto suo assassino, Antonio Salieri (1750 – 1825). Due musicisti che più diversi non si potrebbero immaginare: giovane genio il primo, autore di successo il secondo ma sostanzialmente accademico, anche se assai meno di quanto sostenga il copione.
Un secondo dato riguarda la veridicità storica della vicenda. Già all’epoca dell’uscita del film - che fruttò a regista, interprete e tecnici ben otto premi Oscar (1985) - vari studiosi avevano messo in luce le numerose inesattezze contenute nel testo, per cui non è il caso di ritornarvi in occasione della messa in scena proposta dal Teatro Stabile di Genova, per la regia di Alberto Giusta e l’interpretazione, nei due ruoli principali, di Tullio Solenghi e Aldo Ottobrino. Ben più rilevante è la lettura che la regia fa del copione accentuando il peso del musicista di corte a scapito di quella del giovane genio salisburghese. Di conseguenza l’asse dello spettacolo si sposta sulla gelosia di un mediocre, o di un meno dotato, nei confronti di uno dei monumenti della musica classica. In questo modo tutto lo spettacolo si sposta dalla vita di una gigante della composizione all’invidia e al rancore che animano un personaggio politicamente potente, ma creativamente modesto. Un quadro arricchito dall’ambiguità che lega carnefice e vittima, musicista ordinario e genio innovatore. La regia affida questa lettura quasi per intero alle arti interpretative di Tullio Solenghi, che qui rivela insospettate capacità drammatiche, mente Aldo Ottobrino tende, con qualche eccesso, al disegno di un personaggio dominato dalla contraddizione fra alto e basso culturale. L’altissima creazione contrapporta alla scurrilità scatologica del linguaggio. Ne nasce una proposta in cui il ruolo degli interpreti assume un peso fondamentale, mentre rimangono in ombra alcuni aspetti non trascurabili, come il legame della creatività mozartiana con l’epoca in cui si sviluppa. Un esempio per tutti: il collegamento fra le idee della rivoluzione francese (1789) e la portata inventiva, ma anche politica, di un’opera come Don Giovanni (titolo originale: Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni, 1787). Un legame colto lucidamente dal regista Joseph Losey (1909 – 1984) nel film del 1979 sul Don Giovanni.