Alla base di Bastard! c’è Lo strappacuori (L’arrache-coeur, 1953), celebre romanzo di Boris Vian (1920 – 1959), geniaccio francese capace nella sua breve e turbolenta esistenza di spaziare dal cinema alla musica, dalla letteratura al giornalismo con impressionante disinvoltura. Proprio come il suo Jacquemort letterario, il protagonista dello spettacolo si ritrova, nel pieno di un dopo sbronza da incubo, in una dimensione parallela in cui nulla pare avere senso.
Tra cumuli di spazzatura e i contorcimenti di un cavallo che si impossessa – letteralmente – della sua gamba, l’uomo entra in contatto con due anziane carcasse: Clémentine, ex ballerina senza gambe, e il suo amico rincitrullito, il Bastardo. I due lo coinvolgono nel loro ménage, convincendolo a compiere una delicata missione al termine della quale forse gli si rivelerà la strada fuori dal cul-de-sac: ritrovare il gatto Rumba e fare il tè. Dalla scarna sinossi è evidente come il nonsense e il bizzarro dominino sull’intera scena, attraversata peraltro da un unico attore, un’unica presenza fisica. Il performer Duda Paiva è infatti la stella assoluta di questo straordinario spettacolo, coreografia onirica in grado di trascinare lo spettatore in una sorta di bolla all’interno della quale si fondono alla perfezione languide suggestioni musicali (J’suis snob dello stesso Vian e Tout doucement di Blossom Dearie), videoproiezioni, danza e magnifici pupazzi di gommapiuma. Proprio questi ultimi assicurano gran parte del divertimento, manovrati con abilità spericolata dall’artista brasiliano-olandese, un ventriloquo, danzatore e persino stralunata spalla comica che incanta e stupisce ad ogni evoluzione, ad ogni gag. Ne scaturisce un breve ma intenso saggio di istrionismo performativo, oltre che un fugace viaggio in un universo bloccato nel quale lo squallore e la morte si trasfigurano fino a raggiungere la rarefazione della poesia, mentre dolcezza e grottesco si intrecciano in una miscela impossibile, effimera e instabile come il sogno.