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Adagio

Cast, Crew, Infos - Teatro

Titolo originale
Adagio
Autore
Emanuelle Delle Piane, traduzione: Marco Cappelletti, Emanuelle Delle Piane
Interpreti
Sara Cianfriglia, Mauro Lamantia, Aldo Ottobrino, Sarah Pesca.
Scene
Paola Rando
Luci
Matteo Attolini
Compagnia
Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse

La regia è interpretazione, punto di vista. Impiegatizia o fantasmagorica, svogliata o studiatissima, mostra con puntualità inesorabile vizi e virtù, limiti e capacità di chi ne è responsabile. Dirigendo uno spettacolo si impone una visione e di essa si risponde, nel bene e nel male. L’approccio al testo, inevitabilmente, varia di messinscena in messinscena. Ogni regista vi trova i propri appigli, scorge spiragli in cui inserirsi, segue percorsi nascosti agli occhi altrui, finendo con l’imporre ritmi, toni e chiavi di lettura personali, talvolta imprevedibili. Anche per questo, l’idea alla base di Adagio (2006) era ed è intrigante.

La nuova produzione del Teatro della Tosse vede infatti Elisa D’Andrea, Yuri D’Agostino ed Elisabetta Granara impegnati a portare in scena con un quartetto di interpreti nove inediti drammetti (dramolettes, in francese) di Emanuelle Delle Piane, variazioni ironiche e surreali sul tema della morte. Il progetto è piuttosto ambizioso, più di quanto non sembri a prima vista: tre registi alle prese ciascuno con tre diversi testi e un filo da mantenere intatto lungo tutta la messinscena, quattro attori in più ruoli e nove situazioni riconducibili a un unico tema forte ideate da un’unica drammaturga. Non si tratta quindi di una regia collettiva, ma di uno spettacolo tripartito (seppur senza cesure evidenti), nel quale i singoli blocchi corrispondono ad altrettante sensibilità registiche. Il materiale drammaturgico di partenza è lo stesso, ma le differenze di approccio e impostazione sono palesi. Nella prima parte, Elisa D’Andrea lavora con cura su atmosfere sospese illuminate da scintille di umorismo nervoso e scosse da intrusioni musicali, dando però soprattutto centralità alla presenza di una svampita figura femminile, generica Lei bionda. Yuri D’Agostino, nei drammetti del secondo blocco, oscilla disinvolto tra il macabro, la tenerezza stralunata e il nonsense, concentrandosi sostanzialmente sulle dinamiche interne a tre coppie: i morti infilati a tradimento dal becchino nelle statue, i giovani e laconici aspiranti suicidi, la moglie e il marito prossimi al (problematico) grande passo finale. La terza parte firmata da Elisabetta Granara ha invece soluzioni sceniche più appariscenti e un impatto comico più dirompente, tanto da determinare una vera e propria chiusura in crescendo, prima con l’istantanea socio-antropologica della cinica famigliola al sole, poi con l’apparizione della vecchia cariatide sulle note di Renato Zero, l’interrogatorio-confessione e infine con l’irresistibile sketch orrorifico sulla soglia del forno crematorio. Si sorride e si sghignazza dunque, tra registri e sfumature di colore in costante mutamento, ma con un fondo di inquietudine fisso, ineludibile. Non c’è nulla di positivo e nemmeno di autenticamente negativo nei personaggi a una dimensione ben sbozzati dagli ottimi Sara Cianfriglia, Aldo Ottobrino, Mauro Lamantia e Sarah Pesca. Manca loro la tragicità, il dramma che scuote e incide, ed è un’assenza voluta: nei drammetti della scrittrice italo-svizzera regna sovrana un’ironia di volta in volta caustica e sottile, perfida e lieve, che consente la rappresentazione semplice, diretta e immediata dei contrasti, delle contraddizioni e delle assurdità del mondo. La morte, così, sia essa ipotesi o fatto compiuto, si rivela strumento ideale e in un certo qual modo privilegiato attraverso il quale mettere in evidenza la fragilità dei rapporti, le menzogne, gli inganni, i rimpianti e i desideri delle nostre vite, le bassezze e la sgradevolezza degli uomini. Tutte cose di cui è lecito ridere, anche con leggerezza.

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opinioni autore

 
Adagio 2014-03-31 11:22:41 Umberto Rossi
Giudizio complessivo 
 
7.0
Opinione inserita da Umberto Rossi    31 Marzo, 2014
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10
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